LA DECISIONE DELLA CORTE D'APPELLO

Messina Denaro, scadono i termini di custodia: liberi alcuni uomini del boss

Cadute le aggravanti in Cassazione, in Appello è stata di conseguenza ridotta la pena e ciò ha portato alla scadenza dei termini

14 Ott 2024 - 19:44

Alcuni fedelissimi di Matteo Messina Denaro stanno per tornare liberi, in seguito a pene ridotte in appello e a una pioggia di scarcerazioni per scadenza dei termini di custodia cautelare. Lo ha deciso la Corte d'appello di Palermo che, su indicazione della Cassazione e per il venir meno della circostanza aggravante del reimpiego economico dei proventi dell'attività mafiosa, era chiamata a rivedere le pene per una serie di capomafia e gregari trapanesi.

A lasciare la cella anche due padrini al 41 bis ritenuti fedelissimi di Matteo Messina Denaro, Nicola Accardo e Vincenzo La Cascia. Entrambi finirono in manette in un blitz che venne denominato Anno Zero, una operazione dei carabinieri e della Dda di Palermo che colpì la rete di protezione del boss e puntò al cuore della famiglia del ricercato: in cella finirono due suoi cognati Gaspare Como e Rosario Allegra, poi deceduto, oltre a diversi fiancheggiatori, capimafia ed estortori.

Nel 2019 in abbreviato vennero condannati a un secolo e mezzo di carcere. Poi ci fu l'appello che si concluse nel 2021 con conferme pesanti. La Cassazione, però, nel 2023 rimandò tutto ai giudici di secondo grado del capoluogo per valutare l'esistenza della aggravante del reimpiego economico dei proventi dell'attività mafiosa.

A distanza di un anno una nuova sezione della corte si è pronunciata rideterminando le pene proprio in virtù del venir meno della circostanza. Gli "sconti" che ne sono seguiti hanno riaperto le porte del carcere per scadenza dei termini di custodia cautelare per Nicola Accardo boss di  Partanna detenuto al 41 bis, Vincenzo La Cascia, capomafia della cosca di Campobello di Mazara, il paese scelto da Messina Denaro per l'ultimo periodo della sua latitanza, anche lui al carcere duro, Andrea Valenti, parente dei favoreggiatori storici del boss di Castelvetrano, i Bonafede, Filippo Dell'Aquila, Angelo Greco, Calogero Guarino, Giuseppe Tilotta, Antonio Triolo, Raffaele Urso.

Matteo Messina Denaro: i covi, i complici, i soldi

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L'inchiesta svelò che dalla latitanza Matteo Messina Denaro, che è morto lo scorso anno, aveva investito i due cognati della responsabilità di gestire gli affari della "famiglia": racket, energie rinnovabili, grande distribuzione alimentare e scommesse online. Dall'indagine venne fuori anche una intercettazione shock in cui, il factotum di Gaspare Como, Vincenzo Signorello, rivendicava la bontà della scelta di Totò Riina di rapire e uccidere il piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio del pentito strangolato dopo oltre 700 giorni di prigionia e poi sciolto nell'acido.

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