Andrea Lanari rimase mutilato dopo un collaudo industriale. La sua è un'impresa per chiedere maggiore attenzione sulle morti bianche
Andrea Lanari (a sinistra) insieme al figlio Kevin © Facebook
È durata un'ora, 26 minuti e 26 secondi, l'impresa di Andrea Lanari, 46enne marchigiano, che martedì 2 luglio ha attraversato a nuoto lo Stretto di Messina. Una nuotata lunga oltre tre chilometri e mezzo, che sarebbe impegnativa per chiunque, ma che è resa ancora più speciale dalla condizione di Andrea, che nel 2012 per un infortunio sul lavoro ha subito l'amputazione delle mani e di parte degli avambracci.
Andrea è uno dei tanti che ogni anno in Italia vengono coinvolti in incidenti, spesso fatali, sul posto di lavoro. Nel suo caso il terribile evento avvenne il 4 giugno 2012: mentre stava facendo un collaudo a uno stampo di tranciatura, subito dopo aver inserito il materiale sotto lo stampo la pressa si abbassò improvvisamente, tranciandogli le mani fino a metà avambraccio. Da quel momento la sua è stata una vita da invalido, condannato a convivere con le protesi per sopperire alle braccia che non ha più. Ma Andrea non si è dato per vinto e ha trasformato la sua disabilità in una storia di resilienza.
Nel 2016, attraverso un programma del Comitato Italiano Paralimpico (CIP), Andrea si avvicina al nuoto. All'epoca non riusciva nemmeno a stare a galla da solo, mentre oggi può dire con orgoglio di aver attraversato lo Stretto di Messina, a nuoto e senza protesi. Al suo fianco c'erano diverse persone: il figlio diciottenne Kevin, l'istruttore Marco Trillini, specializzato in nuoto per persone con disabilità, e tanti nuotatori amatoriali, riunitisi in occasione dell'iniziativa "La sicurezza conquista lo Stretto", dedicata alla sensibilizzazione sul tema degli infortuni sul lavoro. Il tema è ovviamente molto caro ad Andrea, non solo per l'esperienza personale che lo ha riguardato, ma anche per il suo ruolo di ambasciatore Anmil (Associazione nazionale fra lavoratori mutilati e invalidi del lavoro).
"È un obiettivo importante non solo come sfida personale - dice Andrea - ma anche come opportunità per promuovere la cultura della sicurezza nei luoghi di lavoro, che la cronaca quotidiana mostra percepita come un inutile orpello. Fare la traversata con mio figlio, che è stato il gancio di traino di tutto il duro percorso di preparazione che ho affrontato è qualcosa di unico e indescrivibile sotto il piano emotivo". E dal suo allenatore Marco Trillini è arrivato l'incoraggiamento più grande: "La disabilità non esiste se ci sono i mezzi adeguati a poterla superare". Un esempio significativo, quello di Andrea Lanari, che al di là dell'impresa sportiva dimostra come si possa sempre trovare una strada per ricominciare.