Ricorda da vicino il caso del 23 novembre a Milano che portò alla tragica morte del 19enne egiziano Ramy Elgaml, schiacciato tra l’auto e il semaforo secondo l’ipotesi delle indagini.
12.00 RAMY, LA TELEFONATA SRV © Da video
"La collisione va inquadrata nell’ambito dell’operazione di pubblica sicurezza effettuata dagli agenti, avendo essi agito nell’adempimento di un dovere". E ciò che hanno scritto i giudici al termine del processo su un mancato stop al posto di blocco, con la fuga a tutta velocità contromano e speronamento del mezzo da parte degli agenti della polizia locale di Venezia. Era il 2013, ma ricorda da vicino un caso che, undici anni dopo, sta infiammando il dibattito nazionale: una fuga simile in scooter lo scorso 23 novembre a Milano, durata otto chilometri e che, a differenza di quella di Mestre, si è conclusa con la tragica morte del 19enne egiziano Ramy Elgaml, schiacciato tra l’auto e il semaforo secondo l’ipotesi delle indagini.
Nel caso veneziano, riporta il Corriere del Veneto, la terza sezione civile della Corte di Cassazione ha stabilito un principio che potrebbe avere una ricaduta anche sull’altra vicenda: "Ove il conducente di un veicolo non ottemperi all’ordine di arresto intimato dagli agenti, tentando di sottrarsi mediante fuga all’identificazione e tenendo una condotta di guida idonea a cagionare pericolo per la pubblica incolumità – scrive la Corte in un’ordinanza della settimana scorsa – legittimamente e doverosamente gli agenti possono porsi all’inseguimento, nonché adottare ogni più utile azione in grado di arrestarne la fuga". Compreso, appunto, uno speronamento volontario, "purché l’azione sia proporzionale rispetto allo stesso pericolo che si intende evitare".
"Ne consegue che, qualora si verifichi una collisione tra il veicolo fuggitivo e quello della forza pubblica, quand’anche determinata da azione cosciente degli agenti e sempre che le modalità prescelte abbiano rispettato rigorosamente il requisito della proporzionalità, dei danni eventualmente subiti dagli stessi agenti rispondono il conducente del primo veicolo e il suo proprietario". Il contenzioso nasceva infatti da questo: i due vigili, che erano rimasti lievemente feriti nello schianto, avevano richiesta di danni alle Generali, la compagnia che gestisce il Fondo di garanzia delle vittime della strada, dato che l’auto dei fuggitivi era risultata non assicurata. Generali però si era opposta, contestando appunto il fatto che fosse stato l’agente alla guida a decidere di scontrarsi con l’altro veicolo.
I due vigili erano stati risarciti sia dal giudice di pace di Venezia che, in sede di appello, dal tribunale, ma la compagnia aveva fatto ricorso in Cassazione. Ed è qui che, al di là del rigetto del ricorso, è stato pronunciato il «principio di diritto», come aveva sostenuto per uno dei due agenti.