Gli accertamenti legati alla mancata presentazione della dichiarazione Iva negli anni dal 2015 al 2021. Si parla di un'omessa dichiarazione di imponibile pari a quasi 4 miliardi di euro. La replica: l'accesso degli utenti non deve essere soggetto all'Iva
© Ansa
La Procura di Milano ha chiuso le indagini nei confronti dei rappresentanti legali di Meta Platforms Ireland Limited, titolare dei social network Facebook e Instagram, per una presunta evasione fiscale di oltre 887 milioni di euro. Lo ha reso noto con un comunicato stampa il procuratore Marcello Viola. E' quanto emerso in seguito agli accertamenti del nucleo di polizia economica finanziaria della guardia di finanza in base alla mancata presentazione della dichiarazione dell'imposta sul valore aggiunto da parte del colosso per gli anni che vanno dal 2015 al 2021. La replica: l'accesso degli utenti non deve essere soggetto a Iva.
E' stato accertato, si legge nella nota della Procura, come "il Gruppo Meta, per consentire agli utenti l'utilizzo del proprio software e dei correlati servizi digitali, acquisisca e gestisca, per scopi commerciali, dati, informazioni personali e interazioni sulle piattaforme di ciascun iscritto, così da instaurare con i fruitori del servizio, in virtù della connessione diretta in termini di proporzionalità quantitativa e qualitativa tra le contrapposte prestazioni, un rapporto di natura sinallagmaica". Rapporto che viene "ricondotto, ai fini dell'applicazione dell'imposta sul Valore aggiunto, all'interno della cornice normativa di cui all'articolo 11 del DPR numero 633/72, quale operazione permutativa".
Le indagini hanno permesso di "evidenziare gli analitici elementi di fatto e di diritto idonei a supportare la configurazione, in capo ai rappresentanti legali" di Meta, "soggetto erogatore del servizio e titolare del trattamento dei dati conferiti dall'utente, del reato di 'omessa dichiarazione' ai fini Iva" per i periodi d'imposta tra il 2015 e il 2021. Avrebbero "omesso di dichiarare un imponibile pari ad euro 3.989.197.744,05", ossia quasi 4 miliardi di euro, "cui corrisponde un'imposta sul valore aggiunto evasa pari a euro 887.623.503,69".
In sostanza, l'Iva non versata riguarda l'iscrizione degli utenti sulle piattaforme social. Iscrizioni che avvengono sì gratuitamente, ma con l'utente che in realtà paga una sorta di "fee", perché mette a disposizione i suoi dati personali e con tanto di potenziale profilazione di quei dati. Ed è proprio attraverso questo scambio, formalmente gratuito, che Meta può trarre comunque un profitto. Guadagni che, in base a valutazioni giuridiche e fiscali, devono essere tassati, secondo i pm, con l'applicazione dell'imposta sul valore aggiunto, che Meta, invece, negli anni non ha mai versato.
"Siamo fortemente in disaccordo con l'idea che l'accesso da parte degli utenti alle piattaforme online debba essere soggetto al pagamento dell'Iva". Replica così un portavoce di Meta dopo la chiusura delle indagini della Procura di Milano. E aggiunge: "Abbiamo collaborato pienamente con le autorità rispetto ai nostri obblighi derivanti dalla legislazione europea e n azionale e continueremo a farlo. Prendiamo sul serio i nostri obblighi fiscali e paghiamo tutte le imposte richieste in ciascuno dei Paesi in cui operiamo".