Milano, 12enne in bici ucciso da un pirata della strada: il responsabile si costituisce dopo 4 ore
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L'investitore era sotto l'effetto dei cannabinoidi e non aveva mai conseguito la patente
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Per la morte del bambino di 11 anni, investito e ucciso a Milano mentre era in sella alla sua bicicletta, è stato condannato a 8 anni, per omicidio stradale con l'aggravante della fuga, il 20enne che lo investì. Mohanad "Momo" Moubara, la sera del 9 agosto, si trovava non lontano dal ristorante del padre, quando fu travolto da Nour Amdouni. Il giovane dopo l'incidente mortale si diede alla fuga.
Il 15 marzo il gup Lorenza Pasquinelli aveva bocciato la richiesta di patteggiamento ritenendo che cinque anni di reclusione fossero troppo pochi, perché bisogna tenere "conto della pluralità e della allarmante gravità delle violazioni al codice della strada", da cui si può ritenere che "la predisposizione psicologica del conducente" fosse "al limite del dolo eventuale", ossia dell'accettazione consapevole del "rischio" di mettere "in concreto pericolo la vita degli utenti della strada".
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Come ricostruito nell'indagine della Polizia locale e del pm
Rosario Ferracane, quella sera, infatti, il ventenne aveva assunto cannabinoidi, guidava con una gamba ingessata e anche se non aveva mai conseguito la patente. Si era poi costituito dopo quattro ore dalla tragedia e nei giorni successivi era arrivata per lui un'ordinanza di custodia cautelare (si trova tuttora in carcere). Si è trattato di una "condotta ai limiti del dolo eventuale" e dunque "ben oltre la mera colpa", aveva spiegato l'avvocato dei familiari di Momo, Salvatore Bottari, che si era opposto al patteggiamento. E si è arrivati, dunque, al processo con rito abbreviato (sconto di un terzo sulla pena) che si è chiuso oggi con la condanna a 8 anni e una provvisionale di risarcimento a favore dei familiari della vittima. Anche il pm Ferracane aveva chiesto una condanna a 8 anni.
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Il 20enne aveva superato i limiti di velocità, aveva scritto ancora il gup Pasquinelli, "peraltro in prossimità di un incrocio", scrive ancora il giudice, che valuta come molto gravi i suoi comportamenti "quand'anche" si fosse "in presenza di un qualche concorso di colpa altrui". Gravità dei fatti, concludeva il gup, testimoniata pure dalla circostanza che il giovane fosse fuggito "senza prestare alcun soccorso alla vittima".