Per 20 anni una donna avrebbe fatto credere che i resti del coniuge erano nell'urna. Il tribunale l'ha condannata a 50mila euro di danni
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Avrebbe fatto credere per vent'anni alla figlia che le ceneri del padre erano nell'urna conservata nella casa di famiglia e per questo una donna è stata condannata al risarcimento dei danni non patrimoniali per 50mila euro. La storia è raccontata dal Corriere della Sera. La sentenza è stata emessa dalla X sezione del Tribunale civile di Milano.
Dal 2014 una madre avrebbe impedito alla figlia di salire in casa per onorare l'urna funeraria nella quale, per 20 anni, le aveva fatto credere fossero conservate le ceneri del padre. In realtà, senza dire nulla alla figlia e soprattutto senza che il defunto avesse lasciato un espresso consenso, la donna aveva disperso i resti.
Come si legge sul Corriere della Sera, disperdere le ceneri di un defunto e non dirlo a un familiare lede il "diritto secondario di sepolcro", ovvero "la facoltà di accedere alla tomba per compiervi gli atti di culto e di pietà verso le salme dei propri congiunti" e "il diritto di impedire atti che turbino queste pratiche". In caso di controversie tra familiari, il Tribunale deve garantire che tutti i soggetti legittimati possano esercitare il proprio diritto di visita e culto. Nella sentenza si citerebbero "la mancanza di rispetto per la volontà del defunto e per il diritto della figlia di partecipare o essere informata della decisione di disperdere le ceneri del padre" e la possibilità che la perdita di questo rito possa causare "un forte stress emotivo".