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A margine dell'udienza preliminare, l'attrice commenta la vicenda: "E' come se bussassero alla porta ripetendo che devi morire. Il risarcimento? Andrà in beneficenza"
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"Quello che vorrei tanto è contribuire a un cambiamento sui social" quanto meno per mettere un freno al fenomeno, oramai dilagante, chiamato shitstorm, "perché questo ricevere continue minacce anche di morte e valanghe di insulti, sebbene viaggino nel mondo virtuale, è come se qualcuno bussasse alla tua porta ed entrasse in casa tua e ogni giorno ti dice che devi morire. Non è normale vivere così". Sono le parole della modella e attrice romena Madalina Ghenea, al termine dell'udienza preliminare in cui lei e la madre sono state ammesse come parti civili dal gup di Milano Roberto Crepaldi a carico di una donna, una connazionale di 45 anni, imputata per stalking.
"Oggi è la prima volta che la incontro, non sapevo se stessi denunciando una donna o un uomo e mi sconvolge il fatto che si tratti di una donna perché fra noi donne, sono anche mamma, il supporto ci deve essere. Spero che questa mia lotta porti a qualcosa di buono". Così Madalina Diana Ghenea in tribunale a Milano per chiedere al gup Roberto Crepaldi di costituirsi come parte civile nel procedimento penale per atti persecutori nei confronti di una donna, rimasta ignota per anni, che l'avrebbe stalkerizzata e presa di mira sui social con molestie e offese continuative pubblicate sui social e inviate ad amici, collaboratori di lavoro e famigliari della 37enne modella e attrice di origine rumena.
"Non è solo una cosa virtuale sentire ogni giorno delle parole così forti", afferma Ghenea. "Tutta questa cattiveria - sottolinea - per quanto un'artista possa essere esposta e debba accettare anche le critiche" ma non fino ad "augurarmi la morte".
Madalina Ghenea, assistita dall'avvocato Michele Morenghi, dunque, per la prima volta ha incontrato la sua presunta persecutrice in aula. "Non è stato piacevole, ho provato un vuoto nello stomaco - racconta l'attrice - non mi ha nemmeno guardato in faccia. Aveva in parte il volto coperto da un cappello, gli occhiali, e la sciarpa in modo da non farsi riconoscere".
Eppure, fa notare, se fosse stata "innocente, e se davvero come lei ha detto, le hanno rubato le password dei suoi account per poi usare i suoi profili e che non era in grado di fare" quello per cui è accusata, "quanto meno avrebbe detto qualcosa, avrebbe chiesto scusa".
"Io ho paura che le facciano del male", spiega invece la madre in lacrime e che ora può chiedere i danni morali. Madalina Ghenea, che nel corso del tempo ha sporto più di una denuncia contro ignoti, aggiunge: "Non riesco a capire perché per così tanti anni mi sono stati mandati messaggi così pesanti.Perché contattare le persone con cui lavoro per capire dove sono, con chi sono? Ero in Messico e anche lì, la mia agente ha ricevuto messaggi".
Ora ribadisce che la sua "è una lotta contro queste molestie online, anche per le altre persone" prese di mira. Nel caso in cui dovessi ricevere un risarcimento lo devolverò in beneficienza".
L'udienza è stata aggiornata al 28 gennaio per repliche e decisione se mandare o meno a processo la donna che ha sempre respinto le accuse e già tempo fa in un interrogatorio aveva sostenuto che le era stato rubato uno zaino con dentro anche un biglietto con le password dei suoi account e quindi di non essere stata lei a postare quei messaggi di odio.