50 SFUMATURE DI VITE REALI

Milano, Tsuki: "Il Bdsm è un modo per sfogare le proprie pulsioni prima che diventino deviazioni"

Abbiamo esplorato per qualche mese la scena sadomaso del capoluogo lombardo e raccolto le esperienze di alcuni protagonisti. Ve ne proponiamo una

di Olga Bibus
23 Mag 2018 - 16:44
 © tgcom24

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Tsuki ama giocare con le corde e la frusta. Prova piacere a dominare il suo schiavo, a umiliarlo, a comandarlo, ad abbassarlo allo stato di un oggetto, ad annientarlo. Ha solo 20 anni, ma sa quello che fa. Lei stessa, per anni, ha vestito i panni della sottomessa. Cercava nel suo padrone la sofferenza fisica, ora la infligge ad altri. Quella di Tsuki è solo una delle tante storie che abbiamo raccolto esplorando per qualche mese la scena Bdsm di Milano, definita dagli addetti ai lavori "capitale del sadomasochismo italiano". Ecco quello che abbiamo scoperto:

A prima vista il sadomasochismo potrebbe sembrare la più turpe delle passioni, abbiamo scoperto invece che a praticarlo sono persone che vogliono semplicemente esplorare i limiti del proprio corpo dettati dalla mente. Come chi fa sport estremo, ma nella sfera sessuale. Sui volti di chi abbiamo intervistato nessun segno di deviazione, soltanto sorrisi e la voglia di sfatare qualche pregiudizio.

Persone comuni con una casa, un lavoro, una famiglia e degli amici. Ma con una passione atipica e l’asticella del dolore spostata un po’ in là. Abbiamo chiesto cosa li avesse spinti a entrare in un mondo pieno di pregiudizi, quanto può diventare complicato vivere due vite e, a chi ha scelto di non nascondere la propria passione sadomaso, abbiamo domandato quanto è difficile affrontare ogni giorno le critiche della società. La prima storia che raccontiamo è quella di Tsuki. 

La storia di Tsuki​ -  Ha 20 anni, è di Milano, frequenta il primo anno di Filosofia. Ha un sorriso contagioso e l’entusiasmo tipico della sua età, negli occhi una maturità che la fa sembrare più grande di qualche anno. Si è avvicinata al mondo Bdsm a soli 15 anni a causa di un’esperienza traumatica: uno stupro. “Il mio primo rapporto sessuale è stato una violenza – racconta Tsuki – sono stata abusata dal mio primo ragazzo. Ciò che però mi aveva scosso più dell’episodio stesso è che quando mi ha messo il coltello alla gola mi sono sentita eccitata”. Ha pensato di essere pazza, che non fosse normale una reazione simile allo stupro. “Sono stata seguita da vari psicologi – continua – ma non mi hanno aiutata. Non riuscivo a spiegarmi perché avessi provato piacere in un momento che per me è stato così traumatico. Mi sentivo strana, sbagliata. Poi, navigando su Internet, ho scoperto che esisteva il Bdsm. Mi sono incuriosita e ho provato a entrare in contatto con qualcuno che mi potesse aiutare”.

È così che Tsuki, nome d'arte, si imbatte nel suo primo padrone. Un uomo molto più grande di lei che l’ha guidata passo dopo passo in questo mondo. Tutto di nascosto visto che lei era ancora minorenne e lui sarebbe potuto finire in guai legali anche se in questo gioco di dominio e subordinazione lei era perfettamente consenziente. “Tra di noi si è creato un legame molto forte – racconta la ragazza – siamo stati insieme tre anni e credo che lui abbia influenzato la mia vita più dei miei stessi genitori”.

Poi a 18 anni, quando Tsuki diventa maggiorenne, il padrone la lascia andare, la libera a nuove esperienze. Lei si iscrive a gruppi Facebook dedicati al Bdsm, comincia a frequentare i locali. È maggiorenne e ora può esplorare liberamente. In poco tempo diventa un’esperta del settore. Si documenta, legge scrittori come il Marchese de Sade, considerato il padre del sadismo, e Leopold von Sacher-Masoch, l’inventore del termine “masochismo”. Vuole capire il motivo per cui prova piacere nel dolore. Si appassiona alla psicologia.

Tsuki non tiene nascosto il suo interesse per il sadomasochismo. Per questo a scuola i compagni cominciano a prenderla di mira. “Era difficile alzarsi ogni giorno e entrare in un posto in cui venivi costantemente presa in giro”, racconta la ragazza. Ha affrontato queste discriminazioni con coraggio, non si è mai tirata indietro, non ha mai rinnegato la sua passione. Ha persino portato il bondage (pratica sessuale basata sulla costrizione fisica del partner attraverso legature) come argomento della tesina della maturità.

Il Bdsm l’ha aiutata a superare un trauma molto forte, nel sadomasochismo ha trovato la ragione delle sue pulsioni percepite altrimenti come una malattia. Nella scena milanese si è sentita accettata, parte di un gruppo, finalmente capita e non discriminata. Per questa ragione è grata al Bdsm e non ha intenzione di nascondere qualcosa che l’ha aiutata così tanto. “Il sadomaso mi ha permesso di scoprire me stessa. È una delle cose più belle che mi siano capitate. Con il tempo ho capito che questa cosa può avere per me degli effetti positivi e negativi”.

La parte più difficile del suo percorso è stata raccontare della sua passione ai genitori. “L’hanno presa malissimo – racconta – sono molto cattolici. Ci ho messo molto a trovare il coraggio. Mia madre ha detto che non le andrà mai bene quello che faccio. Piano piano però se ne stanno facendo una ragione. Per Natale mi hanno regalato una scatola con su scritto Tzuchi, il mio nome d’arte, così che io mettessi tutti i miei giochi lì e la smettessi di avere corde e fruste in giro per casa”.

Nonostante la giovane età Tsuki è un'attivista nel mondo Bdsm. Pratica sia bondage che flogging (flagellazione con la frusta), sa utilizzare tecniche di dominazione psicologica molto sottili come il mindfucking (quando il gioco tra dominante e dominato si consuma interamente sul piano mentale). A volte si veste in latex e va in giro per Milano. Dice di farlo per scacciare dalle menti delle persone lo spauracchio del Bdsm. Dopo alcuni anni da schiava ha cominciato ad avere pulsioni dominanti. “Sono attratta dal dolore fisico, ma anche dalla dominazione psicologica”, spiega.

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Anche se negli ultimi tempi le capita più di essere padrona che schiava: è una switch, come è definito chi in sessioni diverse è capace di assumere sia il ruolo di dominante che di sottomesso. “Quando incarno la Mistress (padrona, ndr) mi piace instaurare un rapporto di subordinazione psicologica con il mio sottomesso”, racconta. "Invece quando gioco a fare la slave (schiava, ndr) mi piace sentire il dolore fisico. So che potrebbe sembrare strano, ma è così. Penso che per provare piacere nel dolore bisogna essere predisposti fisicamente. Inoltre col tempo la soglia del dolore si alza. Io per esempio sono in grado ora di sopportare 1.500 frustate, ma ci sono arrivata gradualmente. Il piacere che provo è sia di tipo psicologico che fisico. Da un lato ti abbandoni al partner e godi nel vederlo soddisfatto, dall’altro dalle frustate deriva uno stato di eccitazione e estasi dovuto al rilascio di endorfine”.

A Tsuki piace mettere la sua esperienza a servizio degli altri e spesso organizza dei corsi che lei preferisce definire “salotti”. “Cerco di dare consigli alle persone interessate al Bdsm. Voglio far capire a chi sente di avere pulsioni sadomaso che non sono ‘strani’ o ‘malati’. Insegno le pratiche classiche, i ruoli, le zone del corpo che si possono colpire quando si gioca e quali no”.

A chi pensa che il sadomasochismo sia una deviazione risponde che semmai serve a non sviluppare le vere deviazioni perché in alcuni casi può essere addirittura catartico. Tsuki, segnata dalla sua esperienza, usa il Bdsm anche per aiutare gli altri a sfogare pulsioni violente. “Durante i miei corsi – racconta – è emerso che l’abuso rappresenta una fantasia sessuale per diverse persone sia uomini che donne. Ne sono rimasta sorpresa. Allora ho pensato di organizzare delle sessioni di stupro combinate. Ho pensato che dare sfogo a questa fantasia in un contesto sano e di consensualità tra le due parti potesse aiutare a esorcizzare un impulso che, se represso, potrebbe sfociare in futuro in violenza vera, come è successo a me”.

L’esperienza di Tsuki sembra confermare un frequente pregiudizio sul mondo del sadomasochismo, cioè che chi lo pratica ha subito degli abusi in passato. La ragazza però ci tiene a precisare che lo stupro è stato solo un mezzo con cui è arrivata a conoscere il Bdsm. “La violenza non mi ha influenzato o incentivato a praticare sadomasochismo. Credo che il Bdsm sia una parte di me che è semplicemente emersa dopo quella vicenda”.

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