Secondo gli esiti di una consulenza cinematica, la responsabilità dell'incidente sarebbe di Fares Bouzidi, l'amico della vittima che guidava lo scooter
Nel caso della morte di Ramy Elgami a Milano, il carabiniere che era alla guida dell'ultima auto inseguitrice ha avuto un comportamento corretto. Ha frenato quando doveva frenare e l'urto tra l'auto e lo scooter non si è verificato alla fine dell'inseguimento, ma in precedenza ed è stato laterale. È questo in sintesi il contenuto della consulenza cinematica disposta dalla procura di Milano e depositata. Gli esiti di tale consulenza in sostanza attribuirebbero la responsabilità dell'incidente ad Fares Bouzidi, l'amico di Ramy che guidava lo scooter. Il padre di Ramy: "È doloroso, ma la verità è necessaria".
Il consulente della Procura di Milano, Domenico Romaniello, scrive chiaramente che "le cause del grave sinistro mortale vadano ascritte al comportamento del conducente del motoveicolo Yamaha, Bouzidi Fares, per la sua condotta sconsiderata e pericolosa". Fares, tra l'altro, ha violato più norme del codice della strada.
Non fermandosi all'alt dei carabinieri, ha dato inizio a un inseguimento definito "anomalo e tesissimo", giudicato "a elevatissima velocità lungo la viabilità urbana cittadina, con una guida spregiudicata ed estremamente pericolosa". Infine, con questo atteggiamento, "sprezzante del pericolo", secondo la consulenza Bouzidi Fares si è "assunto il rischio delle conseguenze" per Ramy.
L'incidente in cui ha perso la vita Ramy è avvenuto il 24 novembre al termine di un inseguimento di 8 km. Il militare alla guida della Giulietta dal Radiomobile avrebbe frenato in tempo e l'urto con lo scooter T-Max, guidato da Fares Bouzidi, sarebbe avvenuto prima della caduta e non all'angolo fra via Ripamonti e via Quaranta.
In particolare il carabiniere alla guida ha frenato "il più energicamente possibile per cercare" di fermare l'auto in corsa nel poco "spazio a disposizione". Se "la distanza" fra i militari e lo scooter in fuga fosse stata "maggiore" si sarebbe potuto fermare, l'inseguimento della notte del 24 novembre a Milano però non è un "normale incidente stradale" ma "un'operazione di pubblica sicurezza" in cui il militare si è attenuto "alle procedure previste nei casi di inseguimenti di veicoli".
Il carabiniere poi "in rapporto alle velocità di marcia reciproche dei due mezzi" e "all'improvvisa deviazione e taglio" della moto "verso destra, ha correttamente valutato di non poter sterzare né a sinistra (in quanto avrebbe certamente investito il motoveicolo con i due a bordo), né sterzare a destra", in quanto "avrebbe corso il concreto rischio di investire il pedone", ossia il teste oculare, "presente sul marciapiede".
L'ingegner Domenico Romaniello è il consulente dei pubblici ministeri di Milano Marco Cirigliano e Giancarla Serafini, che ha scritto una consulenza di 164 pagine sulla dinamica dell'incidente. Per Romaniello, il vice brigadiere si è trovato di fronte a una "manovra improvvisa e imprevedibile" del conducente della moto, che ha visto il "taglio della propria traiettoria". Elementi che emergerebbero dalla "analisi cinematica" e la visione dei "video" di sorveglianza. La posizione del carabiniere, attualmente indagato per omicidio stradale in concorso, potrebbe modificarsi alla luce della consulenza.
Il padre di Ramy ha commentato l'esito della perizia sottolineando che "occorre conoscere la verità con trasparenza da fonti attendibili che non trascurino nulla. È doloroso ma la verità è necessaria affinché la sua anima possa riposare nella sua tomba".