A "Pomeriggio Cinque" parla Vincenzo Chindamo dopo la notizia del blitz che ha portato in carcere 29 persone
"Sin dal 6 maggio del 2016 che arrivai a vedere la scena della macchina imbrattata di sangue e ancora accesa davanti al cancello giurai a me stesso che avrei fatto guerra al silenzio". Il fratello di Maria Chindamo, Vincenzo, è intervenuto a "Pomeriggio Cinque" per commentare il maxi blit in provincia di Vibo Valentia che ha portato in carcere 29 persone legate alla n'drangheta. Nel corso dell'operazione è stato arrestato anche Salvatore Ascone, di 57 anni, che secondo alcuni collaboratori di giustizia sarebbe il responsabile dell'omicidio dell'imprenditrice. La donna, 42 anni all'epoca dei fatti, sparì nel nulla il 6 maggio del 2016 da Limbaldi, nel Vibonese. Secondo quanto emerso dall'inchiesta "Maestrale-Carthago", di cui l'operazione di giovedì è la seconda tranche, Ascone l'avrebbe uccisa e poi data in pasto ai maiali.
Maria Chindamo scoprì i tradimenti del marito Ferdinando Punturiero, che si era tolto la vita esattamente un anno prima, l'8 maggio del 2015. A gennaio del 2016 la donna si era legata sentimentalmente a un altro uomo e aveva intenzione di gestire la tenuta agricola ereditata dal marito, su cui c'erano le pressioni dei clan della zona. Per questo fu uccisa da Ascone e gettata in pasto ai maiali.
Negli anni, a coprire la verità sulla morte dell'imprenditrice, il clima omertoso tipico degli ambienti mafiosi. Contro quel silenzio si è battuto Vincenzo Chindamo: "Pensavo che quel silenzio non avrebbe certo dominato al posto di Maria e non avrebbe dato un effetto terrorismo nella popolazione - ha aggiunto -. Ci sono ancora sacche di resistenza della cultura di 'ndrangheta retrograda, maschilista e perdente. Dall'altra parte però c'è una Calabria che vuole rinascere, fatta di belle persone che si impegnano nel sociale per ricostruire un territorio migliore".