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La burocrazia continua a intralciare opere di ammodernamento di infrastrutture contro alluvioni, piogge intense, esondazioni. Nel 2014 stanziati 9 miliardi, ma 7,5 restano nel cassetto
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Il nubifragio che venerdì ha sommerso la zona nord di Milano è solo l'ultimo evento di un territorio sempre più fragile tra alluvioni, esondazioni, piogge intense che sono la conseguenza del clima che cambia. Nonostante i fenomeni estremi climatici siano in continuo aumento, le nostre infrastrutture sono ferme dagli anni Ottanta. Nel 2014 erano stati stanziati nove miliardi per le opere idrauliche, ma 7,5 sono fermi nei cassetti della burocrazia.
Burocrazia - Le solite lungaggini e complicazioni del sistema Italia, scrive "Repubblica", quelle che impediscono al Paese di adeguarsi a uno scenario climatico che mette in serio pericolo un territorio a forte rischio idrogeologico. Le opere che dovrebbero servire ad arginare le conseguenze del clima pazzo di questi ultimi anni restano sulla carta, due metri quadrati di territorio al secondo vengono cementificati e così vasti quartieri diventano vere e proprie piscine a cielo aperto che determinano poi i disastri come quello di venerdì a Milano e di una settimana fa a Palermo. Basta pensare che in Italia sono stati sotterrati 20mila chilometri di torrenti e fiumi, pronti a esplodere quando piove forte. E le piogge intense, come vediamo in questi ultimi anni, non sono più un evento così raro.
Immobilismo - Eppure l'Italia continua in un immobilismo che diventa ogni giorno che passa più pericoloso per la tutela del territorio. La Corte dei conti stima una necessità di 23 miliardi di euro per rafforzare le infrastrutture necessarie per fronteggiare adeguatamente alluvioni e frane. Eppure tra i nove miliardi di euro disponibili dal 2014 a tale scopo (che diventano 11 con le aggiunte degli ultimi mesi) ne sono stati utilizzati finora solo uno e mezzo. Ci sono 10mila appalti programmati, tra i quali 8.500 sono fermi perché non ci sono i progetti esecutivi, gli enti interessati non hanno raggiunto un accordo oppure, dice l'ex capo della Struttura di missione del governo Renzi Erasmo D'Angelis, "per sciatteria. Per costruire le vasche intorno al Seveso dal 2015 ci sono 120 milioni messi a disposizione della Regione Lombardia: non è stato speso neanche un ero. I lavori vanno avanti in Liguria e sull'Arno a Firenze dopo i disastri degli ultimi anni. Ma nel resto del Paese è tutto fermo".
Il caso di Palermo - A Palermo, dove settimana scorsa sono caduti 130 millimetri d'acqua in meno di due ore, Comune e Regione da anni possono spendere 140 milioni di euro per fognature e vasche di contenimento. Ma quei soldi sono fermi per continui rimpalli di responsabilità. "Un caso emblematico, quello di Palermo - dice il professore di Idrologia del Politecnico di Torino Pierluigi Claps - perché sistemi fognari realizzati negli anni Ottanta oggi non reggono più le attuali intensità di pioggia".
Rischio Tevere - Un'altra area a rischio è la zona del Tevere e sul fiume laziale da decenni sono in programma 111 interventi per un miliardo di euro di spese. Non è stato aperto neanche un cantiere e il rischio esondazione è sempre in agguato. D'Angelis ricorda che "300mila romani vivono in case a rischio allagamento. In caso di un'alluvione intensa, i danni stimati sarebbero di 28 miliardi di euro".