Fu uccisa da suo fratello

Omicidio Alice Scagni, la Procura chiede l'archiviazione per medico e poliziotti | La madre: "Noi messi sotto accusa"

I magistrati: "Nonostante le tante chiamate al 112, non ci fu nessuna denuncia. Impossibile valutare la pericolosità della situazione". Ma la famiglia della ragazza non ci sta: "I colpevoli siamo noi?"

19 Lug 2023 - 10:48
 © Ansa

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Una brutta notizia per i genitori di Alice Scagni, la 34enne uccisa da suo fratello Alberto l'1 maggio del 2022. La Procura di Genova ha chiesto l'archiviazione del procedimento per presunte omissioni nei confronti della polizia e di un medico. Motivo: nonostante le tante chiamate al 112, non vi fu una denuncia. Da qui l'impossibilità di valutare la pericolosità della situazione. La madre della ragazza protesta: "Così danno la colpa a noi". 

Uccisa con 17 coltellate

 Alice Scagni fu uccisa da fratello con diciassette coltellate. I vicini di casa di suo fratello e la nonna chiamarono le forze dell'ordine dodici volte per chiedere aiuto. Il giorno prima dell'omicidio e il giorno stesso, furono i genitori a chiamare il 112. Questo, però, non bastò a salvarla. Nella richiesta di archiviazione, la Procura scrive che "la mancanza di una denuncia ha impedito la conoscenza di tutte quelle circostanze e dei fatti che avrebbero potuto costituire elementi utili a inquadrare la situazione e a valutarne in anticipo la pericolosità".

Per i magistrati, poi, "la condotta dell'operatore del 113 e del suo superiore in servizio alla sala operativa l'1 maggio 2022, deve essere vagliata esclusivamente sulla scorta delle informazioni fornite nel corso della telefonata da Graziano Scagni (il papà di Alice, ndr) e appare chiaro che l'invio della volante in soccorso è strettamente legato non solo al tipo di evento rappresentato ma soprattutto al fatto che vi sia in atto un concreto e attuale pericolo per l'incolumità delle persone. Questo deve essere certamente ravvisato nella presenza sul luogo dell'intervento della persona fonte di pericolo". Alberto al momento delle telefonate non era sotto casa dei genitori o della sorella.
  

Chiesta archiviazione per il medico

 Per quanto riguarda la dottoressa, "l'accertamento sanitario obbligatorio è deciso dal medico psichiatra in via eccezionale qualora ci sia il sospetto di alterazioni psichiche gravi e quando sono stati vanamente esperiti tutti i tentativi di contattare la persona per acquisire il suo consenso alla visita". Il medico in aula, nel processo per l'omicidio, "ha spiegato che dopo il colloquio con i familiari, avvenuto il 22 aprile, e le informazioni pervenute telefonicamente il 28 aprile non aveva, sulla base di quanto le era stato riferito, elementi per poter effettuare una diagnosi in quanto erano riportati dai familiari soprattutto comportamenti antisociali, e non aveva invece ravvisato sintomi psichiatrici tali che consentissero e suggerissero un intervento d'urgenza. Aveva invece deciso già durante la riunione del 28 aprile, subito prima della telefonata di Graziano Scagni, insieme ai medici dell'equipe psichiatrica, di coordinarsi col medico di base, con il neurologo e col Sert ma poi, dopo la telefonata aveva deciso di convocare formalmente Alberto Scagni il 2 maggio". 

Nessun rapporto causa-effetto

 Infine, per quanto riguarda il reato di morte come conseguenza di altro reato, per la Procura "difetterebbe anche qualunque rapporto di causalità materiale con l'evento morte di Alice Scagni, rispetto al quale il mancato invio della polizia sotto casa della vittima, ben sette ore prima dell'omicidio, non può costituire un contributo al verificarsi di quell'evento, pianificato con premeditazione dal fratello e soprattutto giunto sul luogo diverse ore più tardi rispetto all'ora della richiesta alla centrale operativa della Questura, in quanto non era prevedibile in base ai dati di conoscenza a loro disposizione al momento della richiesta".

"Noi messi sotto accusa"

 La mamma di Alice Scagni, però, non ci sta e ha affidato la sua delusione a un lungo post sui social network. "Nei giorni precedenti l’uccisione di Alice abbiamo tentato di contattare per oltre 60 volte il centro di salute mentale cui c’eravamo rivolti per l’impressionante progressione della malattia mentale di nostro figlio", ha scritto, "abbiamo più volte chiamato il 113 perché spaventati dal degenerare inesorabile della situazione. Ci è stato risposto di chiuderci in casa fino al lunedì successivo. Era Domenica. La nostra famiglia non è arrivata a Lunedì. Siamo noi i colpevoli?".

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