Speciale Il caso Giulia Cecchettin
ALLA CORTE D'ASSISE DI VENEZIA

Omicidio Cecchettin, Turetta in aula: "L'unica cosa a cui penso è espiare la mia colpa, ridicolo chiedere scusa: darei solo ulteriore dolore"

Il reo confesso ammette la premeditazione e racconta: "Cercai online scotch e manette, ho pensato di rapire Giulia e di toglierle la vita". Gino Cecchettin: "Abbiamo capito chi è Filippo". La sorella Elena non va in aula: "Ho incubi da mesi"

25 Ott 2024 - 17:50

Alla seconda udienza alla Corte d'Assise di Venezia sull'omicidio di Giulia Cecchettin c'è anche Filippo Turetta, l'assassino reo confesso, per la prima volta in aula. Ammette la premeditazione del delitto, riconosce di aver detto "una serie di bugie" e spiega: "Voglio raccontare tutto nel modo più accurato possibile". Rispondendo alle domande del pm, dice: "Ho fatto ricerche su scotch resistente e manette professionali pensando di utilizzare questi strumenti per immobilizzare Giulia dopo averla rapita. Poi, ho comprato online lo scotch e una cartina stradale". E al suo legale, sempre in aula: "Mi sento in colpa, è ridicolo chiedere scusa". Poi finisce la deposizione fornendo una serie di dettagli. In aula non c'è la sorella di Giulia, Elena, mentre è presente il padre Gino, che dice: "Adesso abbiamo capito chi è Filippo Turetta". 

Fotogallery - Omicidio Cecchettin, Turetta in aula

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Turetta: "Ho pensato di rapirla"

 "Ho pensato di rapirla, anche di toglierle la vita, ero confuso, io volevo stare ancora assieme a lei", dice ancora Turetta. E aggiunge, parlando con gli occhi bassi: "Ero arrabbiato, era un bruttissimo periodo, volevo tornare con lei e per quello ho ipotizzato questo piano per quella sera. Avevo scritto la lista delle cose da fare", compreso prelevare contante con il bancomat, da gettare per far perdere le sue tracce. Chiarisce poi di aver studiato su Internet come evitare che la sua auto fosse individuata durante la fuga. 

Depositata una memoria dell'imputato

 Il pm chiede quindi a Turetta quando avesse iniziato a scrivere appunti su quello che stava progettando. "Ho iniziato a farlo il 7 novembre 2023, perché ho cominciato a pensare, avevo tanti pensieri sbagliati", risponde il giovane. L'omicidio avvenne quattro giorni dopo, l'11 novembre. Turetta spiega di aver scritto la memoria depositata al processo e le lettere precedenti "in più volte nel tempo, ricostruendo quanto era accaduto, per mettere ordine. Ho cominciato a febbraio-marzo, e ho proseguito per tutta l'estate, fino a questi giorni. Prima ho scritto di getto, poi ho riletto e messo in ordine quelle parti che di getto non avrei potuto scrivere". 

Lo scotch e i coltelli

  Nei primi interrogatori davanti agli inquirenti, Turetta aveva affermato di aver acquistato lo scotch per "appendere manifesti" e i coltelli perché pensava di suicidarsi. Dalle ammissioni emerge ora la conferma delle tesi dell'accusa, secondo cui lo scotch serviva per legare Giulia, mentre i coltelli erano stati messi in auto ben prima dell'11 novembre, giorno del delitto. E' emerso di fatto che tutta la vicenda è supportata, come da indagine, da una serie di atti preparatori, alcuni dei quali non sono stati messi in atto all'ultimo momento, come ad esempio l'acquisto di materiale. 

"Sarebbe ridicolo chiedere scusa dopo quello che ho fatto"

 Turetta in aula risponde così a una domanda del suo avvocato, Giovanni Caruso: "Non penso al mio futuro, l'unica cosa a cui penso è che sia giusto affrontare questo ed espiare la colpa per quel che ho fatto. Mi sento in colpa a pensare al futuro, di lei che non c'è più". E ancora: "Non so perché non ho chiesto scusa, ma penso che sia ridicolo e fuori luogo, vista la grave ingiustizia che ho commesso. Sarebbe ridicolo dare semplici scuse per qualcosa di inaccettabile. Potrebbero solamente creare ulteriore dolore per le persone che già provano dolore per quel che è successo, vorrei evitarle e sparire". 

Gino Cecchettin: "Ora sappiamo chi è Turetta"

 In aula, in un momento di pausa del processo, il padre di Giulia, Gino Cecchettin, commenta così le parole dell'imputato: "Il momento più doloroso è stato sapere cosa ha attraversato mia figlia negli ultimi momenti della sua vita. Ma non è questo il punto del processo, il punto è che abbiamo capito chi è Filippo Turetta. Infatti, adesso il suo avvocato vuole capirne di più, ma per me è chiarissimo. Quello che emerge oggi è che la vita del prossimo è una cosa sacra, e non bisogna entrare nel merito della vita degli altri". 

Elena Cecchettin: "Non vado in aula, da mesi ho incubi"

 Elena Cecchettin, sorella di Giulia, non è invece andata in aula e spiega di aver fatto questa scelta "non per disinteresse, ma per prendermi cura di me stessa. Sono più di 11 mesi che continuo ad avere incubi, 11 mesi che il mio sonno è inesistente o irrequieto. La mia salute mentale e soprattutto quella fisica ne hanno risentito. Ho perso il conto delle visite mediche che ho dovuto fare nell'ultimo anno. Seguirò a distanza anche tramite i miei legali, tuttavia non parteciperò". 

La prima udienza senza l'imputato

 Alla prima udienza del processo, a settembre, Turetta non si era presentato in aula e il suo avvocato aveva motivato la scelta di non esserci con l'eccessivo "clamore mediatico" che gli aveva "suggerito di non essere presente". C'era invece il padre di Giulia, che all'epoca aveva detto di non sapere se sarebbe venuto agli appuntamenti successivi in tribunale. 

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