la lettera dal carcere

Omicidio Willy, Marco Bianchi: "Io e mio fratello non siamo mostri, combatterò per la verità"

"Il suo odio è lo stesso che prova mia madre verso il vero assassino", ha poi affermato rivolgendosi a Lucia Monteiro

29 Giu 2022 - 11:32
 I fratelli Bianchi, Marco e Gabriele, accusati dell'omicidio di Willy Monteiro © Instagram

 I fratelli Bianchi, Marco e Gabriele, accusati dell'omicidio di Willy Monteiro © Instagram

"Ho toccato il fondo. Ecco la vostra soddisfazione. È una cosa che non auguro a nessuno, la sensazione di essere da soli, al buio. Sono andato giù, ma oggi ho deciso di rialzarmi e combattere per la verità e per la vita. Io e Gabriele siamo ragazzi di cuore, sinceri. Tutte quelle cattiverie che hanno detto contro di noi non sono vere, sono state solo bugie su bugie per farci toccare il fondo. Siamo stati descritti sin dall'inizio, senza conoscere gli atti del processo, come mostri e assassini". Sono le parole scritte da Marco Bianchi, uno dei quattro accusati dell'omicidio di Willy Monteiro Duarte, il giovane massacrato di botte a Colleferro nel settembre del 2020, in una lettera inviata all'Adnkronos. Bianchi si è rivolto al pubblico, che a suo dire è "influenzato" dalla descrizione che i media hanno fatto di lui e di suo fratello Gabriele. "Il colpevole non si è preso le proprie responsabilità. Ancora con il sangue sulle scarpe, se ne sta tranquillo in casa sua", ha scritto riferendosi a Belleggia, che è ai domiciliari. 

"Io e Gabriele non c'entriamo nulla con questo crimine" - "Sia io che Gabriele continueremo sempre, da uomini veri, a dire che non c'entriamo nulla con questo crimine. Non siamo degli psicopatici che negano davanti all'evidenza e prima o poi la verità uscirà fuori. C'è una grande differenza tra farsi la galera da colpevoli e farsela da innocenti. E quando tutto questo finirà, se ci sarà la possibilità di incontrarmi un giorno, rimarrete a bocca aperta, stupiti, capendo che non siamo le brutte persone descritte dai media: quel ragazzo non è morto per mano nostra. L'ho messo in chiaro in aula, davanti al giudice, guardando in faccia la povera madre di Willy", ha ribadito.

Le parole per la madre di Willy - Metà lettera è rivolta esclusivamente a Lucia Monteiro, la mamma di Willy: "Signora mia, ogni volta che ho la possibilità di guardarla, vedo il dolore e l'odio che può provare per chi le ha portato via suo figlio. È lo stesso sentimento che leggo negli occhi di mia madre, che è morta dentro e prova rancore per il vero colpevole, il bugiardo che ha rinchiuso i suoi figli in carcere al suo posto, per un crimine che non hanno commesso".

"Signora, io la guarderei come guardo mia madre. Se io e mio fratello fossimo gli artefici della morte di suo figlio, mai ci saremmo permessi di sostenere il suo sguardo come abbiamo fatto durante il processo, di guardarla come se guardassimo nostra madre. Non ci saremo mai permessi di negare le nostre responsabilità per tornare liberi: io, personalmente, mi sarei sentito sporco e infame", ha aggiunto. "Signora mia, se fossimo noi i veri responsabili di tutto questo, le avrei dato subito la soddisfazione che stavamo pagando la giusta pena. Parlo per me, ma anche per mio fratello che è in carcere senza aver toccato Willy con un dito".

"La Mma ci ha insegnato ad essere uomini, non assassini" - "Io la verità l'ho detta subito, a suo figlio ha dato una spinta e un calcio per allontanarlo dal mio amico Omar (Shabani, ndr), ma l'ho colpito al fianco, vero è che non ha nemmeno fatto in tempo a cadere che si è subito rialzato. Non mi sarei mai permesso di infierire con le responsabilità che derivano dallo sport che sia io che mio fratello praticavamo. A noi la Mma ha insegnato ad essere uomini, ad avere il controllo di noi stessi e ad essere sempre lucidi nelle azioni che commettiamo. Lo sport non ci ha insegnato certo ad essere assassini, al contrario ad essere responsabili, ad avere il pieno controllo della nostra forza", ha continuato rivolgendosi a Lucia Monteiro.

"Ecco ciò che siamo, signora mia, in 25 anni di vita abbiamo sempre avuto le idee chiare. Non ci siamo mai drogati, siamo stati sempre lucidi per non commettere sciocchezze, per non rovinarci la vita. Spero al più presto che scoprirà la verità per poter avere la meritata soddisfazione di poter dire a suo figlio di averlo difeso, di aver assicurato i responsabili della sua morte alla giustizia. Ma non siamo noi. Non siamo quei ragazzi che le stanno facendo credere, siamo semplici ragazzi di famiglia e di cuore, che se sbagliano si assumono le proprie responsabilità. La paura più grande, che non ci dà pace è quella di farci la galera per un fatto mediatico, non perché colpevoli. Prima o poi la verità uscirà fuori e spero sia dimostrata l'innocenza mia e di mio fratello, perché possa ritornare lui dalla sua famiglia e io crearmene una. Confido nella giustizia, la verità verrà fuori", ha concluso.

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