L'episodio avvenne il 1 gennaio 2019: il corpo della vittima fu trovato, dopo la segnalazione del passeggero di un treno, in un campo vicino alla ferrovia
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Assolta in primo grado per legittima difesa, una 27enne di Ovada (Alessandria) è stata condannata a sei anni in Appello per l'omicidio di Massimo Garitta, 53 anni. L'episodio avvenne il 1 gennaio 2019: il corpo dell'uomo fu trovato, dopo la segnalazione del passeggero di un treno, in un campo vicino alla ferrovia. La giovane di origini albanesi, che aveva 24 anni all'epoca dei fatti, spiegò che l'uomo tentò di violentarla, causandole lesioni alle gambe. Cercando di scappare, sempre secondo la sua versione, la donna investì Garitta con la sua utilitaria.
Il 53enne fu trovato in un campo con i pantaloni della tuta e le mutande abbassati. E sulla giacca c'era impresso il numero di matricola della marmitta di un'automobile. Una specie di firma dell'auto che lo aveva colpito che permise ai carabinieri di risalire velocemente alla conducente.
La giovane, sentita dagli inquirenti, spiegò che il pomeriggio del 31 dicembre aveva incontrato Garitta in città e che con lui aveva raggiunto una zona periferica. A quel punto sarebbe scattata l'aggressione sessuale, un tentativo di stupro certificato, fra l'altro, dalle lesioni alle gambe riportate dalla donna. L'uomo finì successivamente travolto dall'auto che poi si allontanò. I giudici della Corte d'appello hanno riesaminato le carte, hanno ascoltato alcuni esperti che analizzarono le tracce lasciate dalla vettura e hanno ribaltato l'esito del processo di primo grado.
"Non conosciamo le motivazioni della sentenza - spiega l'avvocato Marco Conti, che ha difeso la donna insieme al collega Giuseppe Cormaio - ma non la possiamo condividere. Nonostante la pena sia molto bassa, è contestabile. La stessa Corte, negli approfondimenti tecnici, è arrivata a convergere con il nostro consulente sul fatto che l'auto procedesse a circa 10 chilometri all'ora. A questa velocità considerato anche che la nostra assistita stava effettuando un'inversione a U per uscire dal campo, non e' possibile ipotizzare che ci fosse la precisa volontà di provocare la morte dell'uomo".
"La condotta alla guida - aggiunge il legale - era giustificata dalla necessità di fuggire. In primo grado questo è stato riconosciuto. Ci aspettavamo altrettanto in Appello. A chi scappa da uno stupro possiamo almeno concedere la mancanza di accortezza richiesta alla guida?". La difesa ha preannunciato il ricorso: del caso se occuperò quindi la Cassazione.