L'inchiesta ha svelato l'organigramma delle principali famiglie, gli affari dei clan e l'ennesimo tentativo di Cosa Nostra di ricostituire la Cupola provinciale
Una maxi operazione della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, con il coinvolgimento di oltre 1.200 carabinieri, ha portato al fermo e all'arresto di 181 persone, tra boss, "colonnelli", uomini d'onore, ed estortori di diversi "mandamenti" del capoluogo siciliano e della provincia. L'inchiesta ha svelato l'organigramma delle principali famiglie, gli affari dei clan e l'ennesimo tentativo di Cosa Nostra di ricostituire la Cupola provinciale e di reagire alla dura repressione che negli ultimi anni ha portato in cella migliaia di persone.
I principali mandamenti coinvolti nell'indagine sono quelli di Santa Maria di Gesù, Porta Nuova, San Lorenzo, Bagheria, Terrasini, Pagliarelli e Carini. Oltre ai 181 arresti, sono state notificate due misure di presentazione alla polizia giudiziaria.
Gli arrestati sono accusati, a vario titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso, tentato omicidio, estorsioni, consumate o tentate, aggravate dal metodo mafioso, associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, favoreggiamento personale, reati in materia di armi, contro il patrimonio, la persona, esercizio abusivo del gioco d'azzardo.
Dalle indagini è emerso il nuovo sistema con il quale i boss si riunivano per riorganizzare la nuova commissione provinciale, azzerata già una volta con gli arresti di dicembre 2018. I capimafia in carcere e quelli ancora liberi avevano a disposizione microsim e cellulari criptati, introdotti illegalmente nelle celle, con i quali parlerebbero indisturbati e darebbero ordini all'esterno. Gli apparecchi venivano usati per chiamare telefonini destinati esclusivamente a ricevere, una sorta di telefoni-citofoni: circostanza che rende difficilissimo incrociare i dati. Secondo gli inquirenti, grazie a questo escamotage, gli uomini d'onore riuscirebbero a gestire traffici di droga e organizzare summit.
Tali sistemi che non hanno tuttavia impedito l'intercettazione delle comunicazioni da parte dei carabinieri. Alcuni boss erano tuttavia talmente sicuri di non poter essere intercettati, da non prendere alcuna precauzione nelle riunioni online per decidere le strategie di riorganizzazione della commissione provinciale. A tal punto da svelare i nomi dei capi dei diversi mandamenti e i nuovi organigrammi.
Alcuni dei mafiosi arrestati erano pronti a darsi alla latitanza. Il cognato del boss Nunzio Serio, ad esempio, dopo avere ritrovato le microspie sulla Smart della moglie e temendo di essere presto raggiunto da un provvedimento giudiziale, si è allontanato da Palermo per scappare al nord. "Siamo tutti bombardati", diceva. Anche un altro capomafia, dopo essere sfuggito all'inseguimento di una pattuglia della Finanza, aveva programmato, con la propria famiglia, di rifugiarsi all'estero e di mettere al riparo il patrimonio, accumulato con i giochi online. "Me ne devo andare da qua... devo cambiare la residenza… me ne vado…. - diceva - a me quello che mi potrebbe colpire sono la mia famiglia, ma se io ce li ho accanto posso essere sperduto in un pizzo di montagna, sono a posto. Io me ne vado! L'Italia per noi è diventata scomoda, io me ne devo andare perché non intendo assolutamente perdere quello che ho creato fino ad oggi. Cominciate a farvi i passaporti".