Nelle conversazioni imperano sesso e perversioni. L’analisi della psicologa e sessuologa a Tgcom24: "È un pericolo concreto. Una mia paziente 13enne è stata vittima online di un 40enne conosciuto sul sito"
di Giorgia Argiolas© dal-web
Bastano pochi secondi per farsi contattare. E in media due minuti per addentrarsi nel mondo della sex chat. Nessuna registrazione e pieno anonimato. È Omegle.com, il pericoloso social network del momento che spopola tra gli adolescenti e che desta la preoccupazione di polizia ed esperti. Non bastano più Facebook, Instagram, Tinder. I ragazzi cercano emozioni più forti, trasgressione. E, a giudicare dalle chat, ci riescono. Ma pedofili e adescatori sono dietro l’angolo.
Il sito - Per accedere a Omegle.com non è necessario registrarsi. Basta digitare l’url. Nessuna mail. Nessun numero di telefono, nessun nome. Totale autodistruzione delle chat una volta concluse. È una sorta di roulette in cui si può scegliere tra solo testo, solo video o versione ibrida. Si clicca il tasto start a chat e via, nel mondo del proibito. Lo slogan del sito dice tutto: Talk to strangers. Tra questi sconosciuti, però, ci si può imbattere in 13enni così come in 58enni. O quantomeno queste sono le età che vengono dichiarate. E quasi tutti - la maggior parte uomini - parlano di sesso.
Kik - Omegle viene molto spesso associato a Kik, un altro social di messaggistica istantanea che permette agli utenti di condividere foto, disegni, emoticons, messaggi vocali e altri contenuti. La conversazione viene quasi sempre rimandata qui. Perché dall’anonimato si passa alla concretezza: il numero di telefono. In questo caso, inoltre, è prevista una registrazione.
Le chat - “State attenti, perché i predatori usano Omegle”, c’è scritto nella homepage. Impossibile stare attenti, perché l’adescamento online è un rischio reale. Tgcom24 si è introdotto in questo mondo. Utilizzando un’identità falsa (F, che sta per femmina, e variando l’età) abbiamo chattato con una trentina di persone. Il pericolo è tangibile. Davide, 18 anni, per esempio, scrive “Hai Kik, scaricalo. Così possiamo sessaggiare”. E ancora Camilla: “Ti va di venire in una chat sicura e gratuita dove ci sono mie amiche molto perverse?”. Dritto al sodo anche Andrea, 21 anni, che alla domanda “Come mai qua?” risponde: “Porco. E vengo qua per vedere se c’è qualche ragazza come me. Porca. Mi dai il numero? Dai, così vedo come sei. Ora cosa indossi?”. Ancor più agghiacciante Massimo, 29 anni. Alla nostra affermazione: “Ho 16 anni, ti va bene?”, lui risponde: “Eccitante una 16enne… Chissà come sei morbida”. E ripete il concetto in modo più esplicito: “Credo che saresti morbida da palpare… Sarebbe eccezionale. Tipo baciarti? Tipo toccarti il c…?”. Il resto è meglio censurarlo. E c’è anche chi ci mette in guardia, quando ci fingiamo 13enni: “Perché a 13 anni sei su un sito del genere? - chiede Antonio, appena diventato maggiorenne - Cioè è pieno di pervertiti. L’altra sera ho trovato una mamma di 41 anni che cercava qualcuno che gli mandava la foto del… Ti lascio immaginare”. E poi c’è Mattia, che racconta: “Ho conosciuto un sacco di ragazze. Però ti dico una cosa: qui cercano tutti di fare sesso. I maschi cercano di fare quella cosa anche con le più piccole”. E, purtroppo, non serviva Mattia per rendersene conto…
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Dott.ssa Giuliana Guadagnini
Ne abbiamo parlato con la dott.ssa Giuliana Guadagnini, psicologa clinica e sessuologa che, oltre ad avere un suo studio privato, lavora nelle scuole del Veronese. Dopo aver seguito diversi casi di sexting su Omegle che hanno coinvolto minorenni, ha voluto condurre un’indagine conoscitiva sul tema.
Dott.ssa Guadagnini, com’è nata la sua ricerca? Ci può raccontare l’esperienza in chat e nelle scuole?
Grazie alla mia professione ho la possibilità di incontrare tanti adolescenti, sia lavorando privatamente che nelle scuole. Quello che sono venuta a sapere del sexting - un fenomeno sempre più in crescita - mi ha molto preoccupata da un punto di vista psicologico e sessuologico. Dunque, ho chiesto ai ragazzi (fascia di età: dalla seconda media alla quinta superiore) che tipo di siti frequentassero. È in questo frangente che ho conosciuto Omegle.com. “È figo, mi hanno detto”, ma soprattutto è sicuro per fare sexting. Ti permette di praticare sesso virtuale con gli sconosciuti, di mantenere l’anonimato e di parlare con gente di tutto il mondo (perché si può chattare in altre lingue). Ad attirare è la novità. “Il farlo strano”. Così ho deciso di frequentare Omegle. Ho fatto 100 chat e - devo dirlo - è un mondo allucinante. A qualsiasi ora del giorno e della notte trovi qualcuno che nel giro di due minuti ti fa una proposta hot. Senza badare all’età. È un mondo perverso, in cui si creano dei meccanismi altrettanto perversi. Schemi come schiavo-padrone. Sì, perché le 13enni senza esperienze sessuali accettano qualsiasi richiesta. Diventano vittime anche del sexting passivo, un nuovo fenomeno di cui si parla poco, ma molto concreto. Dopo 100 chat ho pensato che questo fosse un numero abbastanza oggettivo per preoccuparmi, data la frequenza delle risposte di un certo tipo. Quasi tutti i ragazzi chattano di notte, a qualsiasi ora, sapendo che i genitori dormono. Omegle, dunque, rappresenta un rischio concreto.
Come lo è stato per la sua paziente di Verona… Ci può raccontare?
Qualche mese fa, mi hanno contattato i genitori di una ragazza di 13 anni. Erano molto preoccupati perché avevano scoperto dei lividi sul braccio della figlia. Era il periodo del blue whale e quindi le hanno chiesto cosa fosse successo: lì hanno scoperto tutto. “È una prova d’amore per il mio ragazzo”, ha risposto la 13enne. Peccato che il “fidanzatino” in questione avesse 40 anni. “L’ho conosciuto su un sito e mi ha detto che così sarei stata solo sua. Poi mi ha chiesto la foto dei lividi”, ha raccontato la mia paziente. Avevano anche fissato un appuntamento in un albergo, ma per fortuna i genitori li hanno bloccati in tempo, rivolgendosi alla polizia postale. Le indagini sono in corso. Purtroppo a questa età i ragazzi sono molto vulnerabili, vogliono avere una storia e piacere agli altri.
Quindi, come sembrerebbe da questo caso, anche gli adulti usano Omegle…
Anche se l’età si può mascherare, penso proprio di sì. Per cui bisogna riflettere sulla società in generale e su come si percepiscono i rapporti. Se noi adulti non insegniamo ai ragazzi il valore della privacy, delle relazioni e della corretta comunicazione, dove andremo a finire?
Quali sono i maggiori pericoli riscontrati? Il rischio di imbattersi in un pedofilo è alto?
Secondo me sì, perché non conosciamo realmente l’età delle persone, non sappiamo se i loro propositi rimangono solo sul web o si concretizzano. Le adolescenti inviano anche tante immagini, a volte nude. Ma non sanno chi si nasconde dietro allo schermo. Non sanno se dall’altra parte c’è un loro coetaneo o chi altro e da quale parte del mondo. Inviano immagini pedopornografiche a sconosciuti. E una volta che le foto sono in rete, restano per sempre. Lo dico spesso ai ragazzi. I maggiori pericoli riscontrati sono da una parte, l’aspetto della giustizia e della legalità (privacy, pedofilia, istigazione alla prostituzione, creazione e detenzione di materiale pedopornografico) e dall’altra, quello della salute e del benessere. Il fenomeno del vamping - la moda degli adolescenti di trascorrere numerose ore notturne sui social - va a influenzare negativamente la qualità e la quantità del sonno dei ragazzi, con conseguenze nocive per l’organismo, nonché per le loro attività quotidiane, fino a determinare importanti difficoltà di concentrazione e di attenzione che gravano sul rendimento scolastico, favoriscono l’insorgenza di stati ansiosi, intaccando l’umore e gli impulsi. Per non parlare della privacy: si è annullato il concetto di intimità personale a scapito di quella condivisa. Ormai i ragazzi si riconoscono nella loro identità online, mettono tutto in vetrina, sottoponendo ogni cosa alla valutazione dei “mi piace”. Tanti like e tante approvazioni accrescono l’autostima, la popolarità e, quindi, la sicurezza.
Anche se gli incontri fisici la maggior parte delle volte effettivamente non ci sono, il danno psicologico resta comunque? Assolutamente sì. Anche solo l'incontro virtuale può lasciare cicatrici emotive e danni psicologici. Sono proprio i pochi incontri fisici a farmi riflettere: per i ragazzi è più appagante un rapporto avuto via chat piuttosto che uno vero. Su Omegle sono “protetti”, non devono confrontarsi seriamente; mentre nel mondo reale giocano l’emotività e la relazione con il proprio corpo. Si tratta di un appagamento fisico e non completo. Poi, quando dovranno affrontare un rapporto vero, come si comporteranno?
Perché, secondo lei, i ragazzi vanno su Omegle? E si divertono ad addentrarsi in questo genere di chat?
Alcuni iniziano a frequentare questo social perché lo usano anche i blogger. Altri perché, purtroppo, hanno una scarsa educazione alla sessualità, si buttano via. Hanno rapporti virtuali, senza componente affettiva-emotiva. E poi perché il sesso - anche online - con gli sconosciuti provoca in molti il piacere derivante dal superamento di una norma sociale, specie in un momento di affermazione e trasgressione come l'adolescenza.
Che pensano i genitori di questo social?
I genitori sono sconvolti, allibiti: quasi nessuno sa di cosa si parla quando si nomina Omegle e tutto quello che c’è dietro. Forse davanti al cybersex siamo molto ignoranti e dovremmo porci delle domande.
Ecco appunto, cosa possono fare genitori e scuole per prevenire?
Diffondere una corretta informazione su ciò che gira sul web e sulla sessualità. Un’informazione chiara, scientifica e non bigotta. Un’educazione alle emozioni, perché questi ragazzi fanno fatica a esprimerle queste emozioni. I genitori, poi, dovrebbero insegnare, in primis, il rispetto per se stessi, per gli altri e per la privacy. Ma per fare tutto ciò, dovrebbero informarsi in prima persona. Capire la potenza di Internet e parlarne coi figli. Nelle scuole, invece, esistono gli interventi dei consultori, ma le ore sono poche e l’educazione al web e, soprattutto, alla sessualità sono argomenti che vanno approfonditi. Secondo me tutti gli istituti dovrebbero avere uno psicologo - a partire dalle medie - con cui i ragazzi si sentano liberi di confrontarsi. Altro elemento fondamentale è la sinergia tra scuole, genitori e servizi del territorio. Io sto cercando di farlo, sto provando a fare rete, una rete positiva. Gli adulti devono sapere come ragazzi e bambini utilizzano Internet, inserire dei filtri nel computer e spiegare perché non si devono inviare immagini imbarazzanti, proprie o altrui, che possono raggiungere centinaia di persone, anche sconosciute. La via migliore, in sostanza, resta sempre quella dell’ascolto e del dialogo. E anche i genitori devono conoscere, perché magari dormono tranquilli mentre i loro figli possono diventare prede di chiunque sia alla ricerca di immagini hot!