Torino, depositate le motivazioni dell''ergastolo per Francesco Furchì, il faccendiere condannato all'ergastolo in primo grado per l'uccisione del consigliere comunale torinese. Il legale Furchì: "Doveva essere condannato e così è stato"
© ansa
Non ha agito da solo Francesco Furchì, il faccendiere condannato all'ergastolo in primo grado per l'uccisione del consigliere comunale torinese Alberto Musy. Lo si legge nelle motivazioni della sentenza. Secondo i giudici, è "assai verosimile" la partecipazione di un complice di Furchì. Il secondo uomo aveva "la precisa funzione di avvertire l'attentatore del ritorno a casa" della vittima.
I giudici ribadiscono l'ipotesi, già avanzata dall'accusa, che il delitto sia stato commesso con l'aiuto di un'altra persona, rimasta al momento senza un volto e senza un nome. Dunque c'era una seconda persona sul luogo del delitto, quella mattina del 21 maggio 2012 sotto l'abitazione di Musy, morto dopo diciannove mesi di coma. A convincerli della circostanza le ultime parole della vittima alla moglie, Angelica Corporandi d'Auvare. Quel "mi hanno seguito", al plurale, e "c'era un motorino". Per i giudici di primo grado il motorino è il mezzo utilizzato dal complice dell'uomo col casco e con l'impermeabile, ovvero Furchì, che ha fatto fuoco contro il consigliere comunale dell'Udc.
I tre moventi - Le motivazioni della sentenza ripercorrono tutto l'iter processuale e accolgono in pieno la linea del pm Roberto Furlan, secondo cui si è trattato di un omicidio premeditato con tre moventi. Musy non avrebbe aiutato Furchì nel raccomandare il figlio dell'ex ministro Salvo Andò nel concorso per una cattedra all'università di Palermo, nell'avere un posto di rilievo nelle liste a suo sostegno (era candidato sindaco per la coalizione di centro) nella campagna per le elezioni comunali 2011 e nella scalata alla società ferroviaria privata Arenaways. Rancori che lo hanno spinto, scrivono nelle motivazioni della condanna all'ergastolo, a monitorare gli spostamenti della vittima per mesi. E, appunto, ad organizzare l'agguato nei dettagli, creando persino una sorta di "buio artificiale", con lo spegnimento del telefonino, mentre era in atto il trasloco di Magna Grecia, l'associazione che presiedeva.
Legale Furchì: doveva essere condannato e così è stato - "Si può combattere contro qualunque nemico tranne che contro il pregiudizio". L'avvocato Giancarlo Pittelli, uno dei legali che ha difeso Francesco Furchì, commenta così le motivazioni della sentenza. "Furchì doveva essere condannato - aggiunge Pittelli - e così è stato a prescindere dalla prova della sua colpevolezza oltre ogni dubbio ragionevole".