Fabrizio Catalano, da nove anni si cerca il giovane piemontese scomparso ad Assisi
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Si era trasferito in Umbria per realizzare il suo sogno: aiutare anziani e malati con la musica. Un recente avvistamento riaccende la speranza
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Fabrizio Catalano aveva soltanto 19 anni quando è scomparso, il 21 luglio del 2005, ma aveva le idee estremamente chiare su quello che avrebbe voluto fare da grande: aiutare le persone in difficoltà attraverso la musica. Proprio tale progetto lo aveva convinto a lasciare Collegno, pochi chilometri da Torino, per frequentare ad Assisi un corso in musicoterapia.
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Il giorno in cui ha interrotto ogni contatto con la famiglia non si è presentato alle lezioni. L’ipotesi di una fuga volontaria premeditata è sembrata da subito debole visto che aveva già prenotato le vacanze estive, in parte con i genitori, in parte con gli amici. Con sé non ha portato nulla: i suoi effetti personali sono stati ritrovati nella camera che aveva affittato nel centro umbro, insieme al cellulare e agli occhiali per compensare la forte miopia.
Dopo tre giorni di silenzio totale, il primo indizio: sul percorso sterrato chiamato “Sentiero di San Francesco”, tra Assisi e Valfabbrica, in zona Pieve San Nicolò, viene trovata la sua sacca bianca contenente, tra l’altro, il portafogli e i documenti di identità. La sua amata chitarra invece, verrà rintracciata solo sette mesi dopo.
Un’amica ha in seguito raccontato di aver ricevuto una sua telefonata il 19 luglio, due giorni prima della scomparsa, durante la quale Fabrizio anticipava senza meglio spiegare: “Mi è successa una cosa bellissima… Ho trovato la strada con l’aiuto del buon Signore”. Una frase piuttosto misteriosa e forse da mettere in relazione con il cammino spirituale che il 19enne stava compiendo in quel periodo. Seguendo questa pista, i genitori hanno bussato alle porte di tutti gli istituti religiosi della zona e scritto oltre trecento lettere: solo tre comunità hanno risposto al loro appello.
Una donna sostiene di averlo incrociato il 22 luglio non lontano dal sentiero francescano e di averlo ristorato con acqua e pomodori.
È di poche settimane fa l’ultima segnalazione, a Roma. Un autista di bus turistici ha contattato Caterina, la mamma di Fabrizio, e ha sporto denuncia presso un commissariato: riferisce di aver riconosciuto Fabrizio in un senzatetto della Stazione Termini, in piazza dei Cinquecento, lo scorso 25 settembre. Il giovane aveva capelli lunghi e non curati, indossava una tuta scura e scarpe da sport bianche.
Ma dopo quest’ultimo avvistamento più nulla. A Tgcom24 Caterina racconta: “Non so se la persona che ci è stata segnalata fosse Fabrizio. Sono andata subito a Roma per un sopralluogo e non ho concluso nulla. Però ho toccato con mano una realtà, quella dei clochard, che conoscevo ma che non pensavo fosse tanto crudele. Anche se quel giovane non fosse mio figlio, spero comunque di poterlo aiutare”.
Che tipo era Fabrizio?
“È un ragazzo solare, con un altruismo sopra le righe. Studiava musicoterapia perché voleva aiutare gli altri attraverso la sua grande passione. Faceva volontariato in un centro diurno e un tirocinio presso una residenza per anziani. Stava realizzando il sogno della sua vita. È pieno di risorse. Non a caso amava pure lo sport: giocava a hockey. Ho sempre davanti l’immagine del suo sorriso contagioso e della sua attenzione per le persone intorno a lui. Non avevamo con lui alcun conflitto: ha sempre fatto quello che voleva. Sia con me, sia con il padre, sia con il fratello aveva un rapporto molto aperto. Frequentavano la stessa squadra e lo stesso liceo. Hanno quattro anni di differenza ma si sono sempre sostenuti a vicenda”.
Qual era il rapporto di Fabrizio con la fede?
“Era profondamente religioso, aveva anche un padre spirituale. A me e al padre aveva confidato la possibilità di intraprendere un cammino religioso ma lo avevamo rinviato a quando avrebbe terminato gli studi. Aveva iniziato i primi percorsi spirituali dedicati ai giovani, proprio ad Assisi, facendo settimane di riflessione".
Come vi siete mossi subito dopo la scomparsa di Fabrizio, nell’estate del 2005?
“Mio figlio è sparito ad Assisi nel mese di luglio - quando tutto girava a rallentatore - probabilmente su un sentiero impervio, pieno di anfratti. I suoi oggetti vengono rinvenuti sul Sentiero della Pace che è stato battuto con superficialità e poca tempestività. Quella strada io e mio marito l’abbiamo ripercorsa nell’immediato, in autonomia, ma senza conoscere bene i luoghi. Le forze dell'ordine non sapevano da dove partire, chiedevano a noi le indicazioni sul posto. Inizialmente però, cercavamo Fabrizio ad Assisi, ci siamo indirizzati sul sentiero solo dopo gli avvistamenti degli oggetti.
La prima battuta di ricerche approfondita è avvenuta solo dopo 27 mesi dalla scomparsa. Le autorità si sono mosse infatti non dopo il ritrovamento della sacca, ma dopo sette mesi quando è stata rintracciata la chitarra e solo dopo che era stato avviato un fascicolo si è pensato a perlustrare i luoghi dei fatti. Abbiamo provato a ricostruire i sette mesi di vuoto che precedono l’apertura del fascicolo ufficiale ma le compagne di corso di Fabrizio sono state sentite dopo un anno, così come i tabulati telefonici. Anche i giovani artisti di strada che la sera prima della scomparsa avevano suonato con Fabrizio non sono stati sentiti dalle forze dell'ordine, ma solo da noi.
Il sentiero è stato individuato perché è stata trovata la sacca da un passante. Tutti i ritrovamenti sono stati fatti casualmente da persone comuni e le autorità non sempre hanno preso dei provvedimenti. Per esempio, dopo il ritrovamento della sacca, non hanno redatto alcun verbale perché la scomparsa era avvenuta in un mese di vacanze: in caserma era un continuo avvicendarsi di persone diverse e mancava la carta carbone per scrivere due righe di verbale. Sono stati persino capaci di perdere gli indumenti indossati da Fabrizio la sera prima della scomparsa che avevo consegnato loro per le unità cinofile”.
Le prime ricerche, come si sono svolte?
“La prima battuta di ricerca sul sentiero dove c’era la sacca è stata interrotta a causa di un violento temporale estivo e nemmeno gli elicotteri si sono potuti alzare in volo. Il comandante dei carabinieri mi ha stretto la mano e mi ha detto che a settembre si sarebbe aperta la stagione venatoria e quindi cacciatori o cercatori di funghi avrebbero trovato di sicuro il cadavere. Così ci siamo mossi con i volontari. A settembre abbiamo organizzato noi la prima ricerca con il supporto dei volontari partiti da Collegno e da Torino. Senza piantine, cercando noi le testimonianze come quella della signora che riferisce di avergli offerto dei pomodori. Abbiamo percorso tutto il sentiero, senza addentrarci al di fuori.
Un altro gruppo ha bussato alle porte delle comunità religiose della zona come il santuario di Laverna. Abbiamo scritto a tutti i conventi, ma anche lì abbiamo trovato un muro. Pochissime risposte. Il 13 di gennaio 2006 un cacciatore vede la chitarra a pochi chilometri dalla sacca, in una zona che non avevamo battuto, la tocca, la porta a casa e poi fa la denuncia alla polizia. Quando apre la custodia trova degli spartiti della parrocchia di Collegno e capisce che può appartenere al ragazzo scomparso. I poliziotti manomettono ulteriormente quella prova mettendola sul termosifone perché era umida. A quel punto si rendono conto che non esiste alcun procedimento e parte l’iter vero e proprio. Carabinieri e polizia lavorano senza coordinamento, anzi, quasi in rivalità e finalmente viene nominato un magistrato”.
Dopo nove anni di silenzio che idea si è fatta?
"Ho tanta confusione in testa. Il tempo passa ma il dolore rimane ed è sempre vivo. Non ho idea di dove sia mio figlio, ma tante speranze: quella che Fabrizio si sia rifugiato in una comunità religiosa e che abbia perso il senso della realtà. In contesti di questo tipo ho verificato che tanti vivono in modo appartato, abbandonano il mondo, i beni e gli affetti. Non posso però escludere un incidente sul sentiero, ma questa è un’ipotesi che non possiamo accettare perché le perlustrazioni non hanno restituito neanche un brandello.
L’ultima segnalazione poi riapre la speranza: magari vive nel mondo dei clochard perché ha perso la memoria. Lo scorso agosto ho costituito con altre mamme di scomparsi l’associazione 'Cercando Fabrizio e…' per mettere a disposizione la mia esperienza e per dare voce all'urlo di chi non ha voce. Ci sono molti casi che non attirano l'attenzione mediatica neanche nell'immediato oppure il sipario si abbassa dopo uno, due lanci d'agenzia. Di fronte agli scomparsi maggiorenni si pensa di solito all'allontanamento volontario e le ricerche non si muovono nemmeno. Molte famiglie con poche possibilità o che non si sanno muovere sul web rischiano di rimanere nell'ombra. Provo a condividere la mia sofferenza con chi vive situazioni analoghe".
Mamma Caterina non vuole arrendersi, come lei stessa ha raccontato nel libro “Cercando Fabrizio – Storia di un' attesa senza resa”, edito da Neos Edizioni, e scritto insieme all'amica Marilù Tomaciello: "Vivo la mia vita di madre orfana, tra silenzi e momenti di iperattività. Non riesco a star ferma, devo fare, rifare e disfare. Devo scrivere, stampare, organizzare! Non mi sentirei una madre degna di questo nome se non facessi questo! Anche la notte non chiudo occhio: lavoro, scrivo, progetto. Stringo forte il mio cuscino e penso: “… Avrà freddo, avrà fame, avrà sete, chissà se dorme…”. A volte ho paura di impazzire… l'angoscia è un cappio al collo."
E nell'ipotesi che Fabrizio legga questo articolo Caterina lancia questo messaggio: "Io sono qui, noi siamo qui e siamo in tanti ad aspettarlo. Questi anni pur faticosi non hanno cambiato nulla, hanno rafforzato il nostro credo. Siamo pronti ad accoglierlo. Non c'è niente che ha scalfito minimamente il nostro affetto. Tutto si può ricominciare e non vogliamo distoglierlo da quello che sta facendo. Vogliamo solo essere sicuri che stia bene. Qualsiasi scelta abbia abbracciato non possiamo che condividerla".