Avrebbero messo in commercio un prodotto di qualità inferiore a quanto indicato dall'etichetta. Il ministro Martina: fare subito chiarezza
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Olio extravergine di nome ma non di fatto: è frode in commercio il reato che il pm Raffaele Guariniello, della procura di Torino, contesta ai rappresentanti legali di una decina di aziende, tra cui alcune molto note, del settore. I laboratori delle agenzie delle dogane hanno esaminato campioni prelevati dai carabinieri del Nas e hanno verificato casi in cui l'olio, a differenza di quanto indicato, non era extravergine.
Nel mirino di Guariniello sarebbero finite aziende del calibro di Carapelli, Bertolli, Sasso, Coricelli, Santa Sabina, Prima Donna e Antica Badia. E' stato informato dell'indagine anche il ministero delle Politiche agricole, Maurizio Martina, che ha commentato: ''Seguiamo con attenzione l'evoluzione delle indagini della Procura di Torino, perché è fondamentale tutelare un settore strategico come quello dell'olio d'oliva italiano''.
L'inchiesta è nata nel giugno del 2015 con l'arrivo di una segnalazione, inviata a Guariniello in persona, dal mensile Il Test (ex Salvagente).Il periodico, lo scorso maggio, aveva pubblicato un servizio da cui risultava che "ben 9 delle 20 bottiglie" fatte analizzare "dal laboratorio chimico di Roma dell'Agenzia delle Dogane sono state declassate dal comitato di assaggio a semplici oli di oliva vergine".
Va precisato che l'inchiesta non verte sulla potenziale nocività degli oli venduti: infatti nessuna delle sostanze analizzate ha reso i prodotti nocivi per la salute. Si tratta, secondo l'accusa, del potenziale inganno rivolto al consumatore, che avrebbe pagato circa il 30% in più una bottiglia di olio in quanto extravergine quando in realtà non lo era.