Funivia Stresa Mottarone, viaggio tra i rottami della cabina a caccia di prove
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Il 64enne Gabriele Tadini, in isolamento nel carcere di Verbania, dà la sua versione dei fatti agli inquirenti: "La funivia continuava a funzionare a singhiozzo, ma mai avrei pensato che la cima si spezzasse". Il legale chiederà i domiciliari
"Mi sento un peso enorme sulla coscienza. Prego e faccio i conti con me stesso e faccio i conti con Dio". E' quanto ha affermato agli inquirenti Gabriele Tadini, il manovratore della funivia Stresa-Mottarone che ha ammesso di aver manomesso il freno d'emergenza con il "forchettone". Il 64enne, in isolamento in una cella di massima sicurezza nel carcere di Verbania, era diventato capo servizio dopo 40 anni di lavoro nella società che gestiva l'impianto.
Come riporta La Stampa, Tadini era diventato responsabile del funzionamento della funivia. Durante l'interrogatorio con i carabinieri, ha dato la sua versione dei fatti.
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"La funivia funzionava a singhiozzo" - "L’impianto idraulico dei freni d'emergenza aveva dei problemi, perdeva olio e le batterie si scaricavano continuamente. Dopo la riapertura del 26 aprile, avevamo già fatto due interventi. Ma non erano stati risolutivi. La funivia continuava a funzionare a singhiozzo. Il problema si ripresentava, serviva altra manutenzione", ha raccontato durante l'interrogatorio.
"Un incidente che non capita neppure una volta su un milione" - "Tenere i freni scollegati permetteva alla funivia di girare. Mai avremmo potuto immaginare che la cima traente si spezzasse", ha proseguito dicendosi pentito. "Era in buone condizioni: non presentava segni di usura. Quello che è successo è un incidente che non capita neppure una volta su un milione".
Chi è Gabriele Tadini - Nato nel 1958, sposato con due figli, Gabriele Tadini ha avuto anche una breve carriera politica tra le fila della Lega. Alla fine degli Anni Novanta era riuscito a entrare in consiglio comunale con l'attuale sindaco di Stresa, Marcella Severino. Il legale del 64enne racconta che alla fine della confessione il suo assistito, fervente cattolico, era molto provato: "Mai avrebbero pensato di far correre quel rischio ai passeggeri. Siamo tutte persone umane, possiamo fare delle scelte sbagliate senza rendercene conto".
La difesa di Tadini: "Non credo che la forchetta abbia inciso sulla fune" - "Non credo che il forchettone potesse incidere sulla fune", ha spiegato invece il difensore di Tadini, Marcello Perillo, chiarendo comunque a più riprese che sta cercando di "recuperare delle persone", cioè dei consulenti, che possano fare chiarezza sulla eventuale correlazione tra le anomalie del sistema frenante e la rottura del cavo traente. Per l'avvocato un aspetto da valutare è capire "questi freni su quali delle due funi insistevano".
Sabato la richiesta dei domiciliari - Gabriele Tadini ammetterà dunque sabato davanti al gip di Verbania di aver disattivato il sistema frenante con la scelta dei forchettoni per evitare il blocco della cabina. "Ho corso il rischio ma l'ultima cosa al mondo che pensavo è che si potesse rompere il cavo traente", avrebbe detto in carcere in un colloquio col suo legale Marcello Perillo. "È pentito", ha aggiunto il difensore preannunciando che
chiederà i domiciliari per il suo assistito.
La difesa di Nerini: "Accertare i fatti in Tribunale" - "I fatti si accertano nelle aule del Tribunale". Queste le parole di due collaboratori dell'avvocato Pasquale Pantano, difensore di Luigi Nerini, titolare delle Ferrovie del Mottarone, lasciando il Palazzo di Giustizia di Verbania. I pm hanno chiesto la convalida del fermo e la custodia cautelare in carcere.