I pm hanno rilevato "gravi indizi di colpevolezza" a carico dei tre, i quali hanno commesso "un gesto materialmente consapevole". Non si tratta dunque di un errore umano: la "forchetta" non è stata rimossa al fine di aggirare blocchi e disservizi
Tre persone fermate nella notte dalla Procura di Verbania per l'incidente della funivia Stresa-Mottarone, nel quale sono morte 14 persone. Si tratta di Luigi Nerini, proprietario della società che gestisce l'impianto, l’ingegnere direttore del servizio e un altro dipendente, capo servizio. Gli inquirenti hanno accertato che "la cabina presentava il sistema di emergenza dei freni manomesso". I tre hanno ammesso le proprie responsabilità.
"Quella cabina aveva problemi da un mese o un mese e mezzo" e per cercare di risolverli sono stati effettuati "almeno due interventi tecnici", ha ammesso durante l'interrogatorio Gabriele Tadini, il capo servizio responsabile del funzionamento della Funivia del Mottarone fermato nella notte per l'incidente nel quale sono morte 14 persone.
"C'era un problema, non volevano fermare il servizio" - I fermati durante gli interrogatori hanno "ammesso" le proprie responsabilità. Lo afferma il comandante provinciale dei carabinieri di Verbania, tenente colonnello Alberto Cicognani. "Il freno non è stato attivato volontariamente? Sì, sì, lo hanno ammesso", dice l'ufficiale dell'Arma ai microfoni di Buongiorno Regione, su Rai Tre. "C'erano malfunzionamenti nella funivia, è stata chiamata la manutenzione, che non ha risolto il problema, o lo ha risolto solo in parte. Per evitare ulteriori interruzioni del servizio, hanno scelto di lasciare la 'forchetta', che impedisce al freno d'emergenza di entrare in funzione".
I nomi degli arrestati - Sono Luigi Nerini, 56enne di Baveno (Verbania) proprietario della Ferrovie del Mottarone, il direttore dell'esercizio Enrico Perocchio e il capo servizio Gabriele Tadini le tre persone fermate per l'incidente alla funivia del Mottarone in cui sono morte 14 persone. Al termine del lungo interrogatorio nella caserma dei carabinieri di Stresa (Verbania), i tre sono stati condotti nel carcere di Verbania.
Il legale di Perocchio: "Nessuna confessione" - "In qualità di avvocato difensore dell'ingegner Enrico Perocchio, fermato questa notte, preciso che, allo stato attuale, il direttore d'esercizio dell'impianto non è ancora stato sentito dall'autorità giudiziaria né ha rilasciato alcuna dichiarazione". Lo afferma l'avvocato Andrea Da Prato.
"Perocchio nega autorizzazione forchetta" "L'ingegner Perocchio nega categoricamente di aver autorizzato l'utilizzo della cabinovia con i 'forchettoni' inseriti e anche di aver avuto contezza di simile pratica, che lui definisce sucida", spiega il legale del direttore d'esercizio della funivia. "Nessun operatore di impianti a fune, ha ribadito mio cliente, sarebbe così pazzo di montare su una cabina con le pinze inserite" (ovvero il freno d'emergenza disattivato, ndr.), aggiunge l'avvocato.
Pm: "Il blocco del freno è stata una scelta condivisa e non limitata a un giorno" - "Non è stata la scelta di un singolo, ma condivisa e non limitata a quel giorno. E' stata una scelta legata a superare problemi che avrebbero dovuto essere risolti con interventi più decisivi e radicali invece che con telefonate volanti". Lo ha detto il procuratore della Repubblica di Verbania, Olimpia Bossi, tornando sui fermi eseguiti nella notte. "Credo che l'impianto, gestito dalla società, abbia plurimi dipendenti. Verificheremo se anche il personale sapeva, il che non significa che fosse una loro
decisione" lasciare il forchettone che ha impedito al freno di emergenza di entrare in funzione.
"Gravi indizi di colpevolezza, gesto consapevole" - Gli interrogatori ai dipendenti delle Ferrovie del Mottarone si erano conclusi verso le 4. Ed erano emersi "gravi indizi di colpevolezza". Gli inquirenti sono convinti che è stato "un gesto materialmente consapevole dettato da ragioni economiche. L’impianto avrebbe dovuto restare fermo". A riferirlo è il procuratore della Repubblica di Verbania, Olimpia Bossi, spiegando che sulla cabina precipitata è stata inserito il cosiddetto "forchettone", ovvero il dispositivo che consente di disattivare il freno, e non è stato più rimosso.
"Freno manomesso per evitare il blocco della funivia" - Secondo i pm il divaricatore che tiene distanti le ganasce dei freni, che dovrebbero bloccare il cavo portante in caso di rottura del cavo trainante, non è stato rimosso al fine di "evitare disservizi e blocchi della funivia. Il sistema presentava delle anomalie e avrebbe necessitato un intervento più radicale con un blocco se non prolungato consistente".
Cambiata anche l’ipotesi di reato: all'omicidio colposo si è aggiunto l’articolo 437 del codice penale, che punisce con una condanna fino a dieci anni la rimozione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro, aggravate se da quel fatto deriva un disastro. Nelle prossime ore a carico dei tre fermati sarà chiesta la convalida del fermo e l'applicazione di una misura cautelare.
"Sviluppo molto grave e inquietante" - I tre fermi disposti nella notte sono "uno sviluppo consequenziale, molto grave e inquietante, agli accertamenti che abbiamo svolto", ha sottolineato il procuratore Olimpica Bossi. "Nella convinzione che mai si sarebbe potuto verificare una rottura del cavo si è corso il rischio che ha purtroppo poi determinato l'esito fatale", ha aggiunto.
"Sulla funivia due interventi, ma non risolutivi" - In seguito ai disservizi rilevati sulla funivia del Mottarone, "ci sono stati due interventi. Quello del 3 maggio è uno dei due che sono stati richiesti, ma evidentemente non sono stati risolutivi", hanno precisato dalla Procura.
"Già diversi viaggi con quelle anomalie" - Entrata in funzione da circa un mese, dopo lo stop a causa della pandemia, la funivia del Mottarone "era da più giorni che viaggiava in quel modo e aveva fatto diversi viaggi", ha affermato ancora Olimpia Bossi. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, dalla ripresa del servizio l'impianto presentava delle "anomalie". Problemi presenti "anche prima, quando la funivia veniva attivata solo per manutenzione o servizi che non comportavano il trasporto dei passeggeri". Poi, quando le misure anti-Covid sono state allentate e si è tornati alle attività normali, "questi incidenti si sono verificati con cadenza se non quotidiana comunque molto frequente. Erano stati richiesti ed effettuati interventi tecnici per rimediare ai disservizi, ma non erano stati risolutivi. Così si è pensato di rimediare".
"L'altra cabina non aveva il forchettone" - La rottura del cavo "è stata l'innesco della tragedia. Ora si tratta di approfondire quanto accennato sui freni, abbiamo bisogno dell'intervento dei tecnici". Secondo la Procura di Verbania, domenica l'altra cabina non aveva il forchettone, "ma verificheremo se l'apposizione era stata fatta anche su quella. Bisogna anche capire se la presenza di un solo 'forchettone' o due avrebbe avuto effetto analogo".
"Valutiamo le posizioni di altre persone" - La Procura di Verbania si è riservata inoltre "di valutare eventuali posizioni di altre persone". A partire da mercoledì "cercheremo di verificare, con riscontri di carattere più specifico, quello che ci è stato riferito", ha affermato Bossi. Il procuratore ha poi parlato di "un quadro fortemente indiziario" nei confronti dei fermati, ovvero le persone che avevano, "dal punto di vista giuridico ed economico, la possibilità di intervenire. Coloro che prendevano le decisioni".