L’inviata di “Dritto e Rovescio” torna sul sermone in arabo e in italiano, diventato un caso
"È sicuramente una forma di jihad, nel più alto senso di questo termine, come sforzo per difendere i propri diritti". Continuano a far discutere le parole del sermone in arabo e in italiano dell'imam Brahim Baya, portavoce di una delle moschee più importanti di Torino, che, in un'università del capoluogo piemontese, ha invocato la "guerra santa" in merito alla Palestina.
"Non è così. Io ho parlato di jihad come sforzo per resistere di fronte a qualcuno che ti vuole annientare", spiega l'uomo all'inviata di "Dritto e Rovescio", dopo la diffida ricevuta dalla questura della città. "Le istituzioni italiane e il governo sono islamofobi, così come il rettore di quest'ateneo. Dice che sono violento, quando ho fatto un sermone di pace".
La definizione data dall'uomo viene, però, smentita da molti membri della comunità islamica torinese. "Jihad è una cosa cattiva, vuol dire andare a fare la guerra", racconta un uomo marocchino, aggiungendo, per rispetto, di non parlarne davanti ai bambini. "È una parola pesante", conferma un altro intervistato, bollandola come "vietata".