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Il tribunale di Torino ha condannato un 65enne per maltrattamento in famiglia. Lui si giustifica: "Volevo spronarla a reagire"
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"Sei un mostro, fai schifo". Parole pesanti come macigni quelle che un padre, un torinese di 65 anni, rivolgeva alla figlia anoressica. Al punto che il tribunale di Torino l'ha condannato a 30 mesi di reclusione per maltrattamento in famiglia.
"Pesi troppo, non sei più la mia bambina" - Le violenze psicologiche sono iniziate anni fa. Nel 2008 la ragazza aveva solo 16 anni quando si è ammalata di anoressia. Da allora tutto è cambiato, soprattutto il suo corpo, sempre più magro, sempre più scheletrico, al punto da arrivare a pesare solo 35 chili. E a quel padre padrone la sua bambina non piaceva più. "Guardati, fai impressione" le diceva ogni volta che lei cercava di abbracciarlo. Lei che, invece, avrebbe fatto di tutto per piacere al suo papà. Ma proprio lui era la causa dei suoi problemi con il cibo: "Pesi troppo, non sei più la mia bambina" le aveva detto. Così è inziato il calvario dell'anoressia.
"Volevo spronarla" - Durante il processo, l'uomo si è giustificato dicendo che quelle parole erano solo un modo per convincere la figlia a reagire. In realtà, però, il padre padrone non ha mai accettato la malattia della ragazza, tanto da rifiutare l'intervento di medici ed esperti. Il giudice che l'ha condannato non ha dubbi: ha agito consapevolmente, imponendo alla famiglia condizioni di vita insopportabili.
Abusi psicologici e fisici contro la moglie - A denunciare l'uomo nel 2019 è stata la moglie, anche lei vittima di abusi fisici e psicologici da parte del marito. La svolta, però, risale al 30 giugno scorso. A convincere la donna a rivolgersi nuovamente ai carabinieri è stata la figlia maggiore quando il padre, che era tornato a vivere da alcuni mesi con la propria madre, è tornato nella casa coniugale e ha puntato una pistola contro la moglie. Allora madre e figlie hanno raccontato le umiliazioni e le violenze subite dal padre per anni. L'uomo è stato arrestato per porto abusivo di armi.
"Temevo di non essere più la sua piccolina" - "Temevo di perdere l'affetto del papà se fossi cresciuta e non fossi stata più la sua piccolina" ha detto la ragazza parlando della sua malattia. "Un regime di vita penoso" l'ha definito il giudice, che ha condannato l'uomo liberando, finalmente, madre e figlie.
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