L'omicidio avvenuto nel 2020

Torino, uccise il padre violento: disposto il processo di appello bis per Alex Pompa

Il difensore del 23enne commenta: "La sentenza d'assoluzione in primo grado era corretta"

05 Lug 2024 - 18:13
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La Cassazione ha disposto un processo di appello bis per Alex Pompa, il 23enne che nell'aprile del 2020 uccise con alcune coltellate il padre a Collegno (Torino) al culmine di una violenta lite familiare, l'ennesima, per difendere la madre. Pompa venne assolto in primo grado per legittima difesa e condannato, il 13 dicembre del 2023, dalla corte d'Assise di appello a sei anni e due mesi di reclusione. La corte suprema ha accolto la richiesta della Procura generale. "La sentenza d'assoluzione in primo grado era corretta", ha commentato il difensore del giovane.

Il commento del difensore di Alex Pompa

 "Estremamente felice. Ero preoccupato che Alex dovesse costituirsi e andare a scontare una pena ingiusta. Continuo a pensare che non se lo meriti. Restiamo convinti che la sentenza di primo grado fosse corretta e che quella di secondo grado fosse partita da una posizione di estremo rigore se non addirittura da una posizione preconcetta". Così l'avvocato Claudio Strata, difensore di Alex Pompa, per cui è stato disposto un processo d'Asside d'Appello bis dalla Corte di Cassazione. "Ora aspettiamo il giudizio davanti a un'altra sezione con un po' più di fiducia", ha concluso il legale del giovane, che ora usa il cognome della madre, Cotoia, accusato dell'omicidio del padre, a cui in primo grado in Assise a Torino era stata riconosciuta la legittima difesa. In secondo grado invece era stato condannato a 6 anni 2 mesi e 20 giorni di carcere. 

 

Accolta la richiesta del Procuratore generale

 Il Pg della Corte di Cassazione ha sollecitato un processo d'Appello bis, per Alex Cotoia, il 30 aprile 2020 a Collegno, in provincia di Torino, uccise il padre Giuseppe Pompa durante una lite finita male. La procura generale della Cassazione ha evidenziato nella sua requisitoria: "La Corte d'Assise d'Appello di Torino sostiene, in sintesi, che se si danno 34 coltellate, non c'è legittima difesa. Lo comprendo, ma non lo condivido. Manca una ricostruzione del contesto. Il fatto è di per sé semplice, ma è complesso per una serie di ragioni. L'imputato è stato assolto in primo grado perché il fatto non costituisce reato, poi in secondo grado è stato condannato a una pena contenuta. Un ribaltamento eclatante. Il giudice di primo grado ritiene del tutto attendibili le testimonianze della madre e del fratello di Alex, il secondo non li giudica attendibili e chiede anche la trasmissione degli atti per falsa testimonianza. La motivazione della sentenza d'Appello dovrebbe essere rafforzata, invece in questo caso ha un unico intento demolitorio nei confronti della prima". Così era intervenuto il procuratore generale della Cassazione, durante il suo intervento nell'ambito del processo a Alex Cotoia, accusato di aver ucciso il padre al culmine di un litigio degenerato in omicidio. In primo grado l'imputato era stato assolto perché gli era stata riconosciuta la legittima difesa.

La vicenda

 L'omicidio si consumò alla fine dell'ennesima lite tra il padre e la madre di Alex. E il giovane si appellò alla legittima difesa per essere intervenuto proprio a protezione della mamma. Contro il padre furono 34 coltellate sferrate con sei coltelli diversi, che per i giudici di secondo grado non possono essere compresi nell'alveo del disperato tentativo di difendere la vita della donna. Nelle motivazioni di quella sentenza i magistrati affermarono che i colpi furono indirizzati soprattutto alla "regione dorsale" e "ci fu una reiterazione" e ciò, sottolinearono i giudici, depone "univocamente nel senso di una condotta francamente aggressiva". La Corte d'Assise d'Appello aggiunse che i "presupposti essenziali della legittima difesa sono un'aggressione ingiusta e una reazione legittima e mentre la prima deve concretarsi nel pericolo attuale di un'offesa, la seconda deve inerire alla necessità di difendersi, alla inevitabilità del pericolo e alla proporzione tra difesa e offesa".

La colluttazione arrivò al termine di una giornata di tensione fra i coniugi: Maria Cotoia, cassiera in un supermarket, raccontò che il marito nel corso della giornata l'aveva contattata non meno di 101 volte sul telefonino solo perché credeva che al lavoro avesse salutato un collega. 

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