La vittima, Giuseppe Pompa, viene descritta come una persona "ossessiva, aggressiva, molesta". Nonostante le attenuanti per il figlio, dice l'accusa, "esiste l'aggravante del vincolo di parentela"
Il pm Alessandro Aghemo ha chiesto 14 anni di carcere per Alex Pompa, lo studente 20enne processato a Torino per avere ucciso il padre per difendere la mamma nel corso dell'ennesima lite in famiglia. Il magistrato si è però detto "costretto" a proporre una pena così elevata e ha invitato la Corte di Assise a sollevare una questione di legittimità costituzionale sulla norma che impedisce di concedere la prevalenza delle numerose attenuanti.
"Ossessivo e aggressivo" - La vittima, Giuseppe Pompa, 52 anni, è stata descritta come una persona "ossessiva, aggressiva, molesta e problematica". La moglie, Maria Caiola, ha detto in aula che nelle ore precedenti all'omicidio era stata chiamata "101 volte" da lui per questioni di gelosia, aggiungendo che nei mesi lei e i figli registravano le sue continue sfuriate "perché pensavamo che ci avrebbe ammazzato".
Alex, che lo stesso pm ha definito "un bravo ragazzo, serio e studioso", il 30 aprile 2020 intervenne nella lite e vibrò al padre 34 fendenti con 6 coltelli diversi. Una perizia ha definito il giovane sofferente di una sindrome post-traumatica provocata dal comportamento paterno. Secondo il pm le angherie e le vessazioni sono state "enfatizzate" durante il processo. "Giuseppe - ha osservato - si comportava in maniera ingiustificabile, ma ha pagato con la vita. Una pena più alta di quella che avrebbe meritato".
"Aggravante del vincolo di parentela" - Il magistrato ha comunque aggiunto che "era l'artefice delle sofferenze del figlio" e ha chiamato in causa le attenuanti generiche e della provocazione 'per accumulo'. "Ma il codice - ha concluso - mi impedisce di chiedere la prevalenza delle attenuanti sull'aggravante del vincolo di parentela e quindi una pena inferiore. Valutino i giudici se questa norma è ragionevole".