A Trino storico compromesso tra l'amministrazione comunale e la comunità musulmana: niente barriere in cambio di un lasso di tempo per regolarizzare la struttura. Tgcom24 ha intervistato il sindaco
di Simone OttavisIl vicesindaco Roberto Rosso con i rappresentanti della comunità musulmana © sito-ufficiale
Basta divisioni all'interno della moschea, donne e uomini pregheranno insieme in moschea. Il caso, il primo in Italia, arriva da Trino, comune di circa 7.400 abitanti in provincia di Vercelli. L'amministrazione del sindaco Daniele Pane, 31enne eletto a giugno alla guida di una lista civica di centrodestra, ha infatti raggiunto un accordo, o per meglio dire un compromesso, con la comunità musulmana locale: niente più barriere nella struttura, in cambio di un lasso di tempo in cui i fedeli dovranno regolarizzare la stessa, finora di fatto abusiva. Tgcom24 ha intervistato il primo cittadino trinese.
Qual è stato l'iter che ha portato a questo compromesso?
L'inizio della vicenda risale a circa 4 anni fa, quando i rappresentanti della comunità islamica si sono rivolti al nostro ufficio urbanistica chiedendo informazioni sul capannone che poi è diventato moschea, sulla possibilità di trasformarlo in luogo di culto secondo le norme. La risposta dell'ufficio era stata positiva, vista la conformazione e il contesto dei locali, il cambio di destinazione d'uso dell'immobile era quindi possibile. Da quel momento però il municipio però non ha ricevuto alcun documento ufficiale in questo senso, nonostante la struttura sia stata a tutti gli effetti trasformata in moschea, con l'acquisto da parte dell'associazione Al Ferdaouus. L'attività svolta nell'immobile in questi anni è stata perciò irregolare, abusiva.
Come vi siete mossi dopo la vittoria alle elezioni lo scorso giugno?
La precedente amministrazione non aveva affrontato la questione in questo senso. In campagna elettorale abbiamo incontrato i rappresentanti musulmani e abbiamo saputo da loro alcune cose, tra cui il fatto che le donne fossero divise dagli uomini, in pratica segregate in un piccolo stanzino, senza finestre e vie di fuga, con uno schermo a circuito chiuso per seguire le funzioni. Una situazione pericolosa, che in caso di in incidenti o di qualche disgrazia avrebbe potuto portare a conseguenze gravi, anche perché nella struttura non veniva rispettata la regola che stabilisce il numero massimo di persone che vi può accedere, come in tutti gli altri luoghi del nostro Paese. In questi incontri, la comunità islamica ci ha chiesto di sanare la cosa; da parte nostra c'è stata la disponibilità, ma prima abbiamo preteso un impegno affinché cambino alcune cose nella moschea.
Quali saranno le novità?
A loro è stato chiesto di rispettare alcune regole, sia per quanto riguarda gli aspetti tecnici e burocratici della struttura che per la discriminazione dei sessi in base all’articolo 3 della Costituzione. Per le donne non è solo una questione di sicurezza, ma anche di integrazione. Sempre in questo senso, abbiamo fatto appello ai rappresentanti musulmani una maggiore partecipazione alla vita cittadina e di rivedere alcune cose per le signore che si vedono in città con il burqua. Stiamo valutando anche un'ordinanza per vietare l'uso del velo sul volto, sempre una maggiore sicurezza e integrazione. Non vogliamo discriminare nessuno, ma far sì che queste donne non vengano più viste dai cittadini come dei "nemici".
Possiamo quindi parlare di compromesso tra le parti?
Sì. Il comune ha incaricato un tecnico per valutare come regolarizzare e sanare la posizione della moschea, la comunità islamica si è impegnata a togliere le barriere tra donne e uomini. Lo sviluppo sarà seguito dal vicesindaco Roberto Rosso (sottosegretario al Lavoro tra il 2004 e il 2006), che ha avuto una delega all'immigrazione.C'è una scadenza, se gli accordi non saranno rispettati sarò costretto a chiudere la moschea e i fedeli dovranno rivolgersi ad un altro comune. Non tutti all'interno della comunità islamica, sia uomini che donne, sono d'accordo con queste decisione, ma Izzedin Elzir, imam di Firenze e presidente dell’Unione delle comunità islamiche italiane, si è detto favorevole. Si tratta di rispettare le leggi dell'edilizia e culturali del nostro Paese.