Fotogallery - Giulia Tramontano, è il giorno del processo: Impagnatiello in aula
© Ansa | Chiara Tramontano, la sorella di Giulia
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Il 31enne è imputato a Milano per l'omicidio della fidanzata incinta. La famiglia vuole l'ergastolo. L'avvocato: "E' la condanna che merita". La sorella della vittima attacca: "Le sue scuse sono una presa in giro"
Durante la prima udienza del processo milanese a suo carico sull'omicidio della fidanzata Giulia Tramontano, per alcuni istanti, Alessandro Impagnatiello, seduto dentro la gabbia ha pianto. Poi, nelle dichiarazioni in aula, ha detto: "Sto chiedendo unicamente a tante persone scusa, ma non sarà mai abbastanza". E ha continuato: "Sono stato preso da qualcosa che risulterà sempre inspiegabile e da una grande disumanità. Ero sconvolto e perso. Quel giorno ho distrutto il bambino che ero pronto ad accogliere". Scuse che la famiglia della giovane vittima non ha accettato. Chiara Tramontano ha replicato: "Sono una presa in giro". Il processo, cui hanno partecipato anche il padre e altri parenti della giovane trucidata, è iniziato con gran parte dei cronisti e del pubblico fuori dall'aula.
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Impagnatiello è accusato di omicidio volontario aggravato da premeditazione, crudeltà, futili motivi e rapporto di convivenza, oltre che dei reati di interruzione di gravidanza non consensuale e occultamento di cadavere.
Il giovane imputato ha poi ripreso, nelle sue dichiarazioni in aula: "Quel giorno anche io me ne sono andato, sono qui a parlare ma non vivo più. Non chiedo che queste scuse vengano accettate, perché sto sentendo ogni giorno cosa vuol dire perdere un figlio e molto di più, non posso chiedere perdono".
La famiglia della 29enne incinta di 7 mesi uccisa il 27 maggio a Senago, nel Milanese, chiede che venga condannato all'ergastolo. L'avvocato Giovanni Cacciapuoti: "Per lui la condanna che merita".
© Ansa | Chiara Tramontano, la sorella di Giulia
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Prima di parlare in aula, l'ex barman 31enne non aveva risposto alle domande dei cronisti che gli chiedevano se si fosse pentito mentre veniva accompagnato dagli agenti della polizia penitenziaria nella gabbia dell'aula della Corte d'Assise di Milano. Si è presentato con la barba incolta, i jeans e le scarpe da ginnastica e una giacca blu. E' rimasto in silenzio ma ha mosso le gambe e i piedi nervosamente tenendo lo sguardo rivolto verso il basso. Si è asciugato le lacrime dal viso con un fazzoletto bianco.
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Chiara Tramontano, la sorella di Giulia, in una storia Instagram pubblicata dopo la prima udienza ha attaccato Alessandro Impagnatiello. "Puoi chiedere scusa se per errore hai urtato lo specchietto della mia auto. Non puoi chiedere scusa se hai avvelenato mia sorella e mio nipote, prendendoci in giro e deridendone la sua figura", ha affermato la donna. "Non hai diritto a pronunciare, invocare o pensare a Giulia e Thiago. Dopo averli uccisi barbaramente meriti di svegliarti ogni giorno in galera, ripensando a ciò che hai fatto e provando ribrezzo per te stesso".
Tra gli elementi depositati dalla Procura, oltre a un video del "baby shower" dello scorso marzo, c'è anche un messaggio audio inviato da Giulia a un'amica il pomeriggio del 27 maggio, dopo essersi incontrata con la 23enne italo-inglese con cui il fidanzato aveva una relazione parallela. "Ora basta, voglio rifarmi una vita da sola con il mio bambino", diceva. Agli atti del processo, vi è poi una telefonata, intercettata il primo giugno subito dopo l'arresto del barman, in cui suo fratello commentava con un amico la bugia detta da Impagnatiello ai carabinieri sull'assenza di un box nella sua abitazione. "Pensavo che mentisse perché dentro aveva della droga", aveva spiegato il fratello.
In realtà, all'interno, vi era nascosto il corpo di Giulia, del quale l'uomo aveva cercato di sbarazzarsi due volte tentando di bruciarlo e poi abbandonato in una intercapedine poco distante da casa. Si torna in aula il 12 febbraio. Secondo quanto deciso dalla corte, le riprese audio-video non sono consentite.
Nel corso dell'udienza, il pm milanese Alessia Menegazzo, che ha coordinato le indagini insieme all'aggiunta Letizia Mannella, ha ribadito che "ormai da mesi, l'imputato somministrava veleno alla vittima". È uno degli aspetti su cui punta anche il legale di parte civile, che fuori dall'aula ha sottolineato a sua volta che il delitto non è stato un "gesto estemporaneo".
Coi giornalisti, prima di entrare nell'aula, ha parlato anche l'avvocato ed ex pm Antonio Ingroia, che rappresenta il Comune di Senago, il quale chiede di essere parte civile. "È una scelta importante e coraggiosa quella del Comune - ha detto Ingroia - i cittadini di Senago sanno da che parte stare, si vuole incoraggiare tutti i Comuni di Italia a dimostrare che si sta dalla parte giusta". È evidente, ha aggiunto l'ex pm siciliano, la "premeditazione lucida e spietata, è un esempio di brutalita'". Come per le condotte mafiose, ha proseguito, "c'e stata da parte sua la precostituzione di impunità". E infine: "Non credo che ci siano tracce o indizi su un vizio di mente, c'è stata lucidità nell'intento criminale".