In vigore una modifica del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale, ma i criteri per giudicare le immagini non sono chiari
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Stop ai modelli estetici "anoressici" nella pubblicità: entra in vigore una modifica del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale che introduce, all'articolo 12 bis, "il divieto di utilizzare immagini del corpo ispirate a modelli estetici chiaramente associabili a disturbi del comportamento alimentare nocivi per la salute". Lo annuncia lo Iap, l'Istituto dell'autodisciplina pubblicitaria.
Viene formalizzato il divieto a fare ricorso in pubblicità a "rappresentazioni che possano indurre il pubblico a sottovalutare le regole di prudenza o a ridurre il senso di vigilanza e responsabilità verso i pericoli". Con le modifiche, la norma "include ora in modo esplicito anche quelle rappresentazioni che richiamano palesemente condizioni patologiche del comportamento alimentare, come l'anoressia e la bulimia". La modifica, spiega ancora lo Iap, "nasce dalla consapevolezza degli operatori della comunicazione che i modelli estetici proposti dalla pubblicità possono in qualche misura condizionare soprattutto il pubblico dei più giovani nel perseguire determinati stili di vita e canoni estetici. Certamente i disturbi del comportamento alimentare sono legati a particolari condizioni di disagio psichico le cui cause sono molteplici. Tuttavia inseguire dei modelli estetici veicolati dai mass media che esaltano le 'icone della magrezza' può contribuire negativamente ad alimentare tali disagi"
Da qui "l'assunzione di responsabilità da parte dell'Istituto, degli enti e degli operatori che ne fanno parte, nel dare il proprio contributo a vigilare su questo nuovo fronte, attivando i propri meccanismi di sanzione laddove si riscontrino messaggi in contrasto con la nuova norma".
Queste le linee guida, ma su come verranno applicate, per ora, non c'è chiarezza. Quali siano i criteri per stabilire se un'immagine suggerisca o meno l'anoressia non è stato formalizzato. Non ci sono riferimenti alle taglie ad esempio, come aveva suggerito la moda, tempo fa, impedendo alle taglie 36 di sfilare in passerella.