Le indagini della Procura di Trani erano scattate dopo il decesso di Paola Clemente, nelle campagne di Andria il 13 luglio 2015
Sei persone sono state arrestate in Puglia in seguito a un'inchiesta sul caporalato della Procura di Trani, scattata dopo la morte di Paola Clemente, bracciante agricola deceduta nelle campagne di Andria il 13 luglio 2015. La polizia di Stato di Bari, insieme con la Guardia di finanza, ha fatto scattare le misure cautelari per intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, aggravato e continuato, per truffa aggravata e truffa ai danni dello Stato.
Chi sono gli arrestati - Gli arrestati sono il responsabile dell'agenzia interinale per la quale lavorava Paola Clemente, Pietro Bello, di 52 anni, e i suoi due collaboratori-dipendenti, Oronzo Catacchio, di 47, e Gianpietro Marinaro, di 29; assieme a loro sono finiti in carcere Ciro Grassi, di 43 anni, titolare dell'agenzia di trasporto, e Lucia Maria Marinaro, di 39 anni, moglie di Grassi e lavoratrice fittizia; ai domiciliari Giovanna Marinaro, di 47, che avrebbe avuto il compito di reclutare le braccianti agricole.
Il business con agenzie interinali - Le indagini hanno accertato come un'apparente e lecita fornitura di braccianti agricoli tramite agenzie di lavoro interinale mascherasse, in realtà, una vera e propria forma di moderno caporalato. La ricostruzione delle abitudini dei braccianti agricoli e la creazione di un rapporto di fiducia tra polizia giudiziaria e "vittime" ha consentito di accertare l'abitudine, da parte dei braccianti, di indicare su agende o calendari le effettive giornate lavorative.
Proprio l'analisi delle annotazione dei singoli braccianti, confrontata con i dati ufficiali della società di lavoro interinale e anche con i dati acquisiti dai computer in uso agli indagati, ha permesso di ricostruire il "sistema giornate".
Sottopagati, ma con i contributi - E' stato dunque dimostrato come, in realtà, gli stessi braccianti fossero oggetto di un sistematico sottopagamento mediante un riconoscimento di minori giornate lavorate ed è stata inoltre riscontrata l'omessa imputazione di tutte le indennità (trasferte e/o straordinari) normativamente previste. Infatti, considerando che ogni singolo bracciante iniziava, dalla Provincia di Taranto, il suo tragitto in direzione campagne del Nord Barese alle 3,30 del mattino per ritornare alle 15,30 circa, agli stessi sarebbe spettata una retribuzione giornaliera di 86 euro, a fronte degli effettivi 30 riconosciuti.
Evoluzione del "caporalato" - Attraverso lo scudo dell'Agenzia di Lavoro interinale, alle braccianti veniva assicurata un'occupazione "regolare" con contributi versati in relazione, però, a un numero inferiore di giornate lavorative rispetto a quelle effettivamente svolte. In altre parole l'opzione dei caporali era: o lavori con me mediante l'agenzia accettando di farti riconoscere meno giornate lavorative, oppure ti cerchi un lavoro assolutamente "in nero" con tutti i rischi, anche assicurativi e contributivi, che ne possono derivare. Proprio per questa forma evoluta di caporalato sono finiti in carcere tre dipendenti dell`Agenzia di lavoro interinale di Noicattaro, il titolare della ditta addetta al trasporto delle braccianti agricole e una donna che aveva il compito di "controllare" le lavoratrici sui campi, tutti residenti nel Barese e nel Tarantino.
Sequestri di beni per 55mila euro - Con gli arresti, i poliziotti e i finanzieri hanno eseguito anche un sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente per l'importo di oltre 55mila euro, come valore complessivo dei contributi spettanti ai braccianti agricoli a seguito del sotto-pagamento, come anche indebiti contributi percepiti dall'arrestata. Le sei persone arrestate rischiano fino a otto anni di reclusione.