Esposto dei commissari contro ArcelorMittal. Di Maio: "Li porteremo in tribunale". I sindacati accusano: "L'azienda sta portando altrove semilavorati e clienti" e annunciano: "I lavoratori non procederanno al fermo degli impianti"
Caso Ilva, ipotesi cordata: gli scenari
La Procura di Taranto ha aperto un'indagine contro ignoti per distruzione di mezzi di produzione, dopo l'esposto denuncia presentato dai commissari dell'ex Ilva per "fatti e comportamenti inerenti al rapporto contrattuale con ArcelorMittal, lesivi dell'economia nazionale". I sindacati sono sul piede di guerra e avvertono: "I lavoratori non procederanno allo stop degli impianti".
Distruzione di mezzi di produzione Il fascicolo d'indagine avviato dal procuratore di Taranto, Carlo Maria Capristo, a carico di ignoti ipotizza la violazione dell'art.499 del Codice penale: 'Distruzione di materie prime o di prodotti agricoli o industriali ovvero di mezzi di produzione'. Si tratta dello stesso reato avanzato dai commissari Ilva nell'esposto presentato oggi in Procura a Taranto dopo il disimpegno di ArcelorMittal.
L'articolo punisce con la reclusione da 3 a 12 anni e con una multa non inferiore circa 2.065 euro "chiunque, distruggendo materie prime o prodotti agricoli o industriali, ovvero mezzi di produzione, cagiona un grave nocumento alla produzione nazionale, o fa venir meno in misura notevole merci di comune o largo consumo". Per sostenere tale ipotesi - ora al vaglio della Procura - i commissari ritengono che la decisione di ArcelorMittal di adottare un cronoprogramma per lo spegnimento degli impianti degli siderurgico possa danneggiare gli stessi. Ilva in As sottolinea, inoltre, che lo stabilimento di Taranto è strategico dal punto di vista nazionale.
I sindacati: "ArcelorMittal sta portando altrove semilavorati e clienti" E mentre la multinazionale indiana parla di chiusura dello stabilimento "per mancanza di ordini", secondo i sindacati le commesse "ci sono eccome". In un'intervista al Fatto Quotidiano Francesco Brigati, sindacalista della Fiom Cgil di Taranto, spiega che "non è pensabile che l’azienda non abbia più ordini. Semmai stanno portando altrove le bramme di Ilva”, cioè le barre d'acciaio da cui vengono poi ottenuti i laminati piani che del siderurgico tarantino sono il fiore all'occhello, e trasferendo ad altri stabilimenti anche il portafoglio clienti. Al sindacato, sottolineava infatti già venerdì Bigati, "risulta che l'azienda abbia interrotto lo sbarco di materie prime presso
lo stabilimento di Taranto e dirottato le navi verso altri siti del gruppo Mittal Europa. Un piano geniale e fruttuoso per la multinazionale. Pertanto, qualora dovesse ritornare lo stabilimento siderurgico nelle mani di Ilva in As non ci sarebbe piu' nulla da fare, in quanto ci vorrebbe piu' di un mese per reperire la materia prima necessaria al funzionamento degli impianti".
Di Maio: "Li trasciniamo in tribunale" Parole pesanti da Luigi Di Maio, a cui un giornalista ha chiesto se sarà sufficiente l'intervento della magistratura per trattenere ArcelorMittal a Taranto. "Questo lo vedremo - ha risposto il ministro -. Una cosa è certa, trascineremo la multinazionale in tribunale e chiederemo di rispettare i patti con lo Stato. Quella multinazionale ha firmato un contratto con lo Stato e quindi con il popolo italiano, e se pensa di potersene andare credendo di avere di fronte uno Stato che le dice 'vai pure, non succede nulla', ha sbagliato Stato e governo". E su un'ipotesi di piano B chiarisce: "Parlarne oggi significa dare la migliore via d'uscita ad ArcelorMittal. L'azienda deve sentire la pressione di tutti i cittadini e del sistema Italia. Già parlare di piani sulla nazionalizzazione o altra cordata è un modo per dire puoi andare, tanto abbiamo un'alternativa. Per me il piano A, B o C si chiama ArcelorMittal e vedremo in tribunale tra settimane quale sarà l'esito della procedura d'urgenza".
Marcucci: "Se rispettano il contratto subito il dl per lo scudo" Il presidente dei senatori dem Andrea Marcucci intanto annuncia che, "se Mittal garantisse il rispetto del contratto, il governo dovrebbe valutare velocemente un decreto che preveda uno scudo penale di carattere generale. Tale provvedimento dovrebbe essere valido per tutte le aziende che si muovono in contesti di forte criticità ambientale, a partire dall'ex Ilva.
I sindacati: "Non fermeremo le centrali elettriche" Non intendono cedere neanche i sindacati di categoria del settore elettrico che, in merito al cronoprogramma di sospensione degli impianti comunicato dalla multinazionale, in seguito all'avvio della procedura di retrocessione dei rami d'azienda, avvertono: "I lavoratori delle centrali non procederanno ad alcuna fermata degli impianti e di conseguenza le segreterie territoriali di Filctem-Cgil, Flaei-Cisl Reti, Uiltec-Uil e Ugl-Chimici, rigettano al mittente la improvvida comunicazione aziendale".
Zingaretti: "Il governo faccia presto" Il segretario del Pd Nicola Zingaretti dà ragione agli operai e afferma: "Il governo deve fare di tutto accelerando i tempi del confronto con l'azienda per evitare lo spegnimento, sarebbe un segnale drammatico. le soluzioni sono in mano a Conte, che ha deciso giustamente di avocare la gestione del dossier. La tempistica deve essere contratta: gli altoforni spenti possono dare il via a una curva drammatica. Bisogna chiedere al governo una tempestività che è importante".
Catalfo: "Inaccettabile la proposta dell'azienda" La proposta dell'azienda "è inaccettabile" secondo il ministro del Lavoro Nunzia Catalfo, che spiega: "ArcelorMittal aveva chiesto di andare in deroga delle norme sulla sicurezza sul lavoro. Io ho opposto un secco no".
Emiliano: "Vogliono far cadere il governo" Secondo il governatore della Regione Puglia Michele Emiliano "ArcelorMittal sta cercando di mettere in crisi politica il governo italiano, sta facendo qualcosa senza precedenti nell'economia internazionale. Mai vista una cosa del genere". Rincara la dose il segretario generale della Cgil Maurizio Landini: "Quello che stanno facendo è illegittimo, c'è un accordo che va applicato. Inaccettabile l'idea di spegnere gli impianti. Non saremo complici di una scelta del genere".
Confindustria, Boccia: "La rincorsa ad alibi e colpe non serve "Bisogna uscire da questa secca in cui stiamo entrando. Non serve la rincorsa agli alibi e alle colpe, ma servono soluzioni importanti nell'interesse del Paese e di un territorio che è il nostro Mezzogiorno che ha bisogno e fame di lavoro". A dirlo, in merito al caso Ilva, il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, ad Asti all'assemblea annuale dell'Unione industriale provinciale. "Noi - ha aggiunto - ci auguriamo che si venga a interpretare un concetto di sostenibilità ambientale sociale ed economica e si salvaguardi la sostenibilità in questo senso".