Le motivazioni della Corte d'Assise

Ilva, giudici: "La gestione della fabbrica da parte dei Riva fu disastrosa"

La Corte d'Assise ha depositato le motivazioni della sentenza con cui in primo grado sono state condannate 26 persone. Urso: "Siamo saliti su un treno che sta deragliando"

29 Nov 2022 - 22:47
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La gestione "disastrosa" della fabbrica Ilva da parte dei Riva avrebbe messo "in pericolo concreto la vita e la integrità fisica dei lavoratori dello stesso stabilimento e quella dei cittadini di Taranto". Ne è convinta la Corte d'Assise che a distanza di 18 mesi dalla lettura del verdetto del processo "Ambiente Svenduto", sul presunto disastro ambientale causato dall'ex Ilva, ha depositato le motivazioni della sentenza con cui in primo grado sono state condannate 26 persone tra dirigenti, manager e politici.

Urso: "Siamo saliti su un treno che sta deragliando" - E se sul fronte giudiziario sono i giudici a criticare l'azione degli ex vertici, sul piano industriale è il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, a non vedere prospettive future: "Saliamo su un treno in corsa che sta deragliando", afferma. Il ministro evidenzia che ArcelorMittal, "contravvenendo agli accordi presi, produce tre milioni di tonnellate mentre ne avrebbe dovuti produrre sei. Siamo già con un impianto che si sta spegnendo. Ci siamo confrontati con tutti, a partire dall'a.d - spiega ancora Urso -. Nessuno mi dice che chiude ma improvvisamente, da un giorno all'altro, invece arriva la notizia che chiude i cancelli ai lavoratori dell'indotto. Ma abbiamo continuato l'interlocuzione con l'azienda perché siamo persone responsabili". Quanto al "miliardo previsto come iniezione di risorse", ribadisce che "vogliamo sia condizionato alla governance".

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Le motivazioni della sentenza - Nelle motivazioni della sentenza i giudici si concentrano sui "danni alla vita e all'integrità fisica che, purtroppo, in molti casi si sono concretizzati: dagli omicidi colposi, alla mortalità interna ed esterna per tumori, alla presenza di diossina nel latte materno. Modalità gestionali che - viene puntualizzato - sono andate molto oltre quelle meramente industriali, coinvolgendo a vari livelli tutte le autorità, locali e non, investite di poteri autorizzatori e/o di controllo nei confronti dello stabilimento stesso".

L'intercettazione - La frase pronunciata da Fabio Riva "due tumori in più all'anno...una min...ata", intercettata durante una conversazione telefonica del giugno 2010, secondo la Corte "riassume meglio di ogni altro elemento di prova la volontarietà della condotta delittuosa posta in essere dagli imputati, e anzi la consapevolezza degli effetti dell'inquinamento sulla salute della popolazione tarantina". I giudici parlano anche di "connivenze che a vari livelli sono emerse e solo in parte risultano giudizialmente accertate".

Le condanne - A tre anni e mezzo di reclusione (di 5 anni la richiesta dell'accusa) è stato condannato l'ex presidente della Regione Puglia Nichi Vendola a cui viene contestata la concussione aggravata in concorso, in quanto, secondo gli inquirenti, avrebbe esercitato pressioni sull'allora direttore generale di Arpa Puglia, Giorgio Assennato (condannato a 2 anni per favoreggiamento), per far "ammorbidire" la posizione della stessa Agenzia nei confronti delle emissioni nocive prodotte dall'Ilva. Tre anni sono stati inflitti invece all'ex presidente della Provincia Gianni Florido che risponde di concussione e tentata concussione, reati che avrebbe commesso in concorso con l'ex assessore provinciale all'ambiente Michele Conserva (anch'egli condannato a 3 anni) e con Archinà, ex responsabile delle relazioni istituzionali condannato a 21 anni e 6 mesi.

"Bilancio agghiacciante" - Tra le condanne spiccano quelle a 22 e a 20 anni di reclusione per Fabio e Nicola Riva, ex proprietari e amministratori dell'Ilva, che rispondono di concorso in associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale, all'avvelenamento di sostanze alimentari, alla omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro. Per i giudici, "con questo processo si è potuta cogliere una visione unitaria della gestione illecita dello stabilimento da parte della proprietà, dei vertici aziendali e dei responsabili delle varie aree e dei reparti che compongono questa realtà industriale di enormi proporzioni, nonché dei soggetti estranei che a vario titolo vi hanno concorso. Il bilancio - commenta la Corte - è agghiacciante".

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