Il 23 gennaio 1938 lo speleologo Franco Anelli scoprì questi cunicoli, che oggi si estendono per tre chilometri ma ci sono ancora rami da esplorare
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Le grotte di Castellana sono un complesso di cavità sotterranee di origine carsica, cioè scavato dall'acqua, che si sviluppa per circa tre chilometri ad una profondità massima di 122 metri nel sottosuolo del comune di Castellana Grotte (Bari). Accanto a loro è sorto anche un museo speleologico. Le grotte sono aperte al pubblico e meta di numerosi turisti.
La formazione - Secondo gli studiosi, circa cento milioni di anni fa la Puglia era ancora sommersa dal mare e, nel corso dei millenni, gusci di animali e altri detriti si sono sedimentati fino a formare uno spesso strato di roccia calcarea. Con l'emersione di queste terre dal mare, tale roccia friabile è stata disciolta dall'acqua dolce, che ha scavato i cunicoli visibili ancora oggi.
La scoperta - Rimaste nascoste nel sottosuolo per secoli, le grotte di Castellana sono state scoperte il 23 gennaio 1938 dallo speleologo Franco Anelli insieme a Vito Matarrese.
Che cosa si vede? - L'acqua ha scavato i cunicoli e creato anche grosse sale naturali con stalattiti e stalagmiti. Attraverso i corridoi si passa attraverso grotte di vari colori, dal bianco del calcare al rosso delle rocce ferrose. Sono anche presenti dei laghetti creati dall'acqua che ancora filtra dal soffitto.
I resti - Proprio in quanto un tempo queste zone si trovavano sotto il mare, i biospeleologi hanno trovato resti di diversi tipi di crostacei. Da quando le grotte sono emerse, coleotteri e cavallette vi hanno trovato un ambiente ideale, oggi tana di cinque specie di pipistrelli.
Lavori in corso - Quello che oggi si conosce di queste grotte non è tutto quello che possono offrire. C'è una depressione alla base della parete nord di una voragine voragine che potrebbe consentire l'accesso a nuove cavità. Un'indagine condotta in loco ha evidenziato ancora vari metri di terra sotto il punto di massima profondità raggiunta e, inoltre, ricerche geofisiche di superficie hanno consentito d'ipotizzare l'esistenza di nuovi rami.