Le parole al programma di Italia 1: "L'ho spogliata, ma poi l'ho rivestita"
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"Volevo violentarla, ma non ci sono riuscito. L'ho spogliata, ma poi l'ho rivestita". Sono queste la parole di Michele Misseri a "Le Iene". Lo zio di Sarah Scazzi sostiene di essere l'assassino di sua nipote di quindici anni: a distanza di quattordici anni dalla morte della ragazza, l'uomo continua a proclamarsi colpevole dell'omicidio. Per ascoltare quella che l'uomo continua a definire "l'unica verità" l'inviato Alessandro Sortino ha passato due giorni nella casa dove è avvenuto l'omicidio di Sarah e dove Misseri è tornato a vivere dopo aver scontato la sua pena carceraria (i giudici lo hanno condannato a otto anni per concorso in soppressione di cadavere, ndr).
"Sono io l’assassino di Sarah. Non mi credono perché mi hanno fatto cambiare le versioni, non le ho cambiate io, me le hanno fatte cambiare". Nell'intervista l'uomo confessa, per la prima volta di fronte a una telecamera, di aver provato ad abusare del corpo senza vita di Sarah.
Con Sortino, Misseri ricostruisce la vicenda, partendo dalla sua infanzia, e raccontando elementi inediti sugli abusi subiti da bambino: "Quando avevo sei anni mio padre mi portò in una masseria a fare il pastorello. Lì mi hanno violentato. Non l'ho mai detto a nessuno. E se l'avessi fatto sarebbe stato peggio. Erano due, padre e figlio, e io avevo circa sei anni. Mio padre non mi ha mai difeso perché io non potevo parlare, ma aveva capito qualcosa perché ci lavava le mutandine e vedeva. Neanche mia moglie e le mie figlie lo sapevano", ha detto. Poi si addentra sull'aspetto più complicato dell’omicidio della piccola Sarah, quello che lui considera il suo movente, di carattere sessuale, e dice: "Per mia figlia Valentina sono un assassino e anche un pedofilo".
L'uomo, quindi, decide di portare l'inviato sul posto. Prima di raggiungere il pozzo dove l'uomo gettò il corpicino di Sarah, Misseri mostra a Sortino l'albero di fico che, secondo il suo racconto, sarebbe stato la prima tomba della ragazza, proprio a pochi metri dalla casa in cui ha passato la sua infanzia. L'uomo descrive e mima tutto quello che ha fatto quel 26 agosto: come ha posteggiato l'auto una volta giunto lì, come ha tirato fuori il cadavere dal bagagliaio, come l'ho appoggiato a terra, come l'ha poi sollevato per occultarlo. Parla anche dei vestiti di Sarah, prima tolti, poi rimessi, infine bruciati insieme al telefonino della ragazzina che - forse con l’idea che contenesse le sue ultime memorie - ha poi salvato dalle fiamme. E, ancora, le immagini mostrano i due all’interno del garage della villetta, dove, ribadisce Misseri, "L'anima di Sarah è ancora imprigionata". Lì l'uomo torna indietro con la memoria e sposta il trattore nella stessa posizione in cui - dice - era il giorno in cui uccise la nipote. Racconta che quel maledetto giorno era ora di pranzo, che il mezzo non partiva, che aveva un forte mal di testa dalla mattina. Che la nipote era scesa lì da lui, probabilmente per chiedergli se avesse potuto citofonare alla cugina e che era vestita diversa da come l'aveva sempre vista. "Ho allungato la mano e l'ho presa dalle spalle, mi ha dato un calcio da dietro e mi è salito un calore. Forse voleva scappare e io ho preso la corda…". Poi, la cosa più difficile da ascoltare: "Volevo violentare Sarah ma non sono riuscito. Avevo allungato le mani qui nel garage, volevo continuare ma poi non l’ho più fatto. Sotto il fico l’ho spogliata ma poi non l’ho fatto più e l’ho rivestita. Erano due anni che non avevo rapporti sessuali con mia moglie, io dormivo nella sdraio, lei nel letto matrimoniale". Infine, conclude: "Questa è la verità. Speriamo che Sarah vada in pace, per sempre".