l'intervento a tgcom24

Ravenna, "La diamo calda": è polemica sullo slogan per la focaccia | La donna che ha segnalato il cartello: "Offensivo, mi ha urtato"

"Condannarlo non significa che abbiamo perso l'ironia, ma che in alcuni contesti - e quello era un contesto pubblico - non è adeguato utilizzare quel linguaggio", spiega a Tgcom24 la donna che ha sollevato il caso

di Giorgia Argiolas
11 Apr 2022 - 16:17
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Un cartello esposto in uno stand di focacce alla mostra gastronomica Bell'Italia in piazza del Popolo a Ravenna sta facendo discutere. "La diamo calda... ehi ma cosa avevi capito?" è infatti lo slogan apparso per pubblicizzare il prodotto. A sollevare la questione sui social è stata Cecilia Pedroni, cofondatrice di una società di consulenza dedicata alla formazione femminile. "Stavo passando di lì per caso e vedere quello slogan mi ha urtato. Condannarlo non significa che abbiamo perso l'ironia, ma che in alcuni contesti - e quello era un contesto pubblico - non è adeguato utilizzare quel linguaggio", ha detto Pedroni a Tgcom24. Dopo le polemiche, il cartello è stato rimosso.

Le reazioni - Gli organizzatori e i promotori della fiera, Confesercenti Ravenna ed Explicom Srl, hanno subito preso le distanze. "Condanniamo fermamente qualsiasi utilizzo di un linguaggio sessista e di cattivo gusto all'interno della manifestazione". "Nel 2022, è completamente fuori luogo qualsiasi ammiccamento sessista a scopo commerciale e trovo inaccettabile che ciò avvenga in piazza del Popolo, in una manifestazione che gode del patrocinio comunale", ha invece detto l'assessore comunale al Turismo, Giacomo Costantini. Meno duro il vicesindaco della città, Eugenio Fusignani: "Non si può confondere il cattivo gusto col sessismo antifemminista. Soprattutto non si può mortificare chi lavora con fatica, gettando la croce alla proprietaria, fra l'altro una donna, e alla sua attività". Tra gli utenti c'è chi condanna lo slogan perché "sessista" e chi invece dice che intorno alla vicenda c'è stato troppo moralismo.

Il post-segnalazione - Pedroni ha raccontato su Facebook che quando la responsabile dello stand ha visto che stava facendo una foto al cartello le ha detto: "La vuoi dare calda anche tu?". E lei ha risposto: "No, voglio segnalarvi perché questi cartelli - e le magliette che indossate - sono offensivi per tutte le persone che passano di qui e vederle in piazza del popolo mi fa una gran tristezza". "Da lì in poi vi risparmio gli improperi delle due signore, se così vogliamo chiamarle. Già perché a fare e promuovere tutto ciò, dicendomi che dovevo farmi una risata sono state due donne. Ravenna si merita di più in queste giornate dove centinaia di viaggiatori e locali passeggiano per le vie del centro. Ma soprattutto noi tuttə non ci meritiamo che queste persone occupino lo spazio pubblico senza che nessuno controlli 'come lo stanno occupando'", ha aggiunto Pedroni nel post-segnalazione. 

"Al giorno d'oggi, non si può lasciare passare nulla" - "Il mio post non parla di sessismo in nessun punto - dichiara Pedroni a Tgcom24 -. Io ne ho fatto una questione di promozione turistica, che è uno degli ambiti di cui mi occupo, e, in particolare, ho sottolineato il fatto che uno spazio pubblico fosse stato dato senza controllo a un tipo di esercente che si permette di utilizzare questo linguaggio. Il tema del sessismo è nato in seconda battuta. E su questo dico che nel momento in cui a quel cartello si associano il linguaggio, l'atteggiamento, le parole e gli insulti ricevuti dalle due esercenti allora diventa una questione di sessismo. Mi dispiace solo che si sia virato l'argomento portando la discussione sui massimi sistemi con il solito benaltrismo. Certo, abbiamo altri problemi, di cui tutti siamo consapevoli: sappiamo che c'è la guerra, che ci sono ancora molte situazioni gravi in termini di Covid, ma questo non significa giustificare quello che accade tutti i giorni o che non possiamo più preoccuparci della quotidianità".

"Per lavoro collaboro con società molto grandi in cui parlo proprio di come si utilizzano le frasi dell'inclusività in azienda. Non va bene giustificare quel tipo di linguaggio in questo momento storico. Molti utenti fanno riferimento a campagne pubblicitarie del passato: è vero, negli anni Ottanta e Novanta c'erano parametri di valutazione completamente diversi, ma i tempi sono cambiati. Con quello che sta accadendo in generale, nel mondo e alle donne, l'attenzione è molto più alta, proprio perché non si può lasciare passare nulla", sottolinea la donna. "Per me si poteva fermare tutto nel momento in cui l'amministrazione e l'associazione che ha gestito la manifestazione si sono esposte chiedendo la rimozione del cartello. Chi doveva agire lo ha fatto. Nel mio piccolo, sono contenta che siano intervenuti. Tra l'altro, lo stesso Consorzio Focaccia di Recco (perché la focaccia era pubblicizzata come di Recco, ndr) ha preso le distanze da loro e si è detta stanca del fatto che tutti la chiamino focaccia di Recco quando invece non lo è", conclude.

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