I carabinieri di Pescara hanno chiamato a testimoniare i superstiti per ricostruire quanto accaduto nel resort prima della tragedia
Nei ricordi dei sopravvissuti alla slavina che ha travolto l'Hotel Rigopiano il 18 gennaio scorso, non c'è solo la neve. C'è "il rumore forte dei rami che si rompono", "un vento freddissimo all'improvviso", "un boato come una bomba". E poi un cumulo di macerie sotto al quale hanno perso la vita 29 persone. Sono momenti drammatici quelli che i superstiti raccontano ai carabinieri e agli agenti della forestale di Pescara, che stanno cercando di ricostruire l'accaduto.
Delle 11 persone scampate alla tragedia, finora gli agenti ne hanno sentite solo 6. Tra queste ci sono anche 4 bambini, che non verranno sottoposti ad alcun interrogatorio. Manca invece all'appello il manutentore dell'albergo Fabio Salzetta, che sarà ascoltato nei prossimi giorni. Le loro testimonianze sono fondamentali ai fini dell'inchiesta per omicidio plurimo colposo e disastro colposo, coordinata dal procuratore capo Cristina Tedeschini e dal pm Andrea Papalia.
"È stata una bomba, mi sono ritrovato i pilastri addosso. In un attimo eravamo in un metro quadrato", racconta Vincenzo Forti, 25 anni di Giulianova, che si è salvato insieme alla fidanzata, Giorgia Galassi, 22 anni. Accanto a loro c'erano anche Francesca Bronzi, 25enne di Pescara, e Gianpaolo Matrone, 33enne di Roma. La moglie di Matrone, Valentina Cicioni, 32 anni, e il fidanzato di Francesca, Stefano Feniello, 28 anni, invece non ce l'hanno fatta.
Nei ricordi di Giorgia Galassi c'è poi un lungo silenzio interrotto dal rumore dei soccorsi: "Eravamo nella sala camino a prendere il tè", ha detto ai carabinieri, "improvvisamente siamo stati sbalzati dall'altra parte della stanza. Ci siamo ritrovati stretti come in una scatola. Tutto attorno c'erano muri di neve. Riuscivamo a muovere braccia e gambe, ma non a spostarci dal punto in cui ci trovavamo. Il silenzio era totale, non abbiamo sentito l'arrivo dei soccorritori, ma solo il rumore degli elicotteri, in un secondo momento. Eravamo convinti che qualcuno sarebbe venuto a liberarci".