Prese di mira un'ex dipendente di Tor Vergata e un'esperta in biotecnologie che lavorava all'Università Cattolica per contestare gli accordi dei due atenei con Nato e Aeronautica militare
La Procura indaga sulla vicenda delle tre buste esplosive recapitate lunedì tra Roma e Fiumicino, a causa delle quali tre donne dono rimaste ferite. Prende quota la pista anarchica secondo quanto emerge al termine di un vertice tra i pm e i carabinieri dei Ros e della Digos, secondo i quali sono da escludere rapporti di conoscenza fra le tre vittime, sia personale che professionali.
La pista anarchica - Al momento non è arrivata nessuna rivendicazione ma dietro il gesto, fanno notare ambienti investigativi, potrebbe esserci una frangia "antimilitarista della galassia anarchica". Secondo quanto accertato dagli investigatori, sulle buste c'erano tre diversi mittenti, noti però soltanto alle persone a cui sono stati recapitati. Secondo gli inquirenti i plichi sono stati realizzati da un'unica mano e il meccanismo esplosivo, artigianale ma ben fatto, era all'interno della busta.
Un gesto per contestare accordi con la Nato e con l'Aeronautica militare - Gli investigatori hanno infatti considerato alcuni elementi di indagine, dopo aver escluso legami tra le tre donne ferite. Secondo le ricostruzioni, il gruppo eversivo avrebbe preso di mira l'ex dipendente dell'ateneo di Tor Vergata per un accordo siglato dall'università romana a ottobre con l'Aeronautica militare. Dietro il ferimento della donna di 68 anni, esperta in biotecnologie ed ex dipendente dell'Università Cattolica del Sacro Cuore-Gemelli, colpita dalla deflagrazione al volto e alle mani, ci sarebbe l'accordo di cooperazione siglato nel dicembre 2017 tra l'ateneo con una struttura della Nato: il Corpo d'armata di reazione rapida in Italia (Mrdc). Resta invece da chiarire la scelta di inviare il plico a una dipendente Inail di 54 anni che alle 18:30 di lunedì ha ricevuto la busta nella sua abitazione, nella zona del Nuovo Salario, rimanendo ferita.