L'operazione dei finanzieri del comando provinciale di Catania ha smascherato un'associazione a delinquere internazionale, con l'aggravante mafiosa
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La guardia di finanza ha sgominato un'associazione a delinquere internazionale che riciclava gasolio libico rubato dalla raffineria libica di Zawyia, a 40 km a ovest di Tripoli, trasportato via mare in Sicilia e successivamente immesso nel mercato italiano ed europeo. Militari del comando provinciale di Catania hanno effettuato nove arresti (6 in carcere e 3 ai domiciliari): si tratta di due maltesi, tre libici e quattro italiani.
Dalla Libia all'Italia - I malviventi si avvalevano anche dell'aiuto di miliziani libici armati al confine con la Tunisia. Ai nove è stata contestata, oltre all'associazione criminale, anche l'aggravante mafiosa: alle attività partecipava infatti anche Nicola Orazio Romeo, ritenuto vicino alla famiglia mafiosa dei Santapaola-Ercolano: era lui a organizzare i trasporti del gasolio via mare.
In un anno di indagini, i finanzieri hanno documentato 30 viaggi in cui sono stati importati dalla Libia via mare oltre 80 milioni di chili di gasolio per un valore di 30 milioni di euro.
Nove persone coinvolte - Risulta coinvolto l'amministratore delegato della Maxcom Bunker, Marco Porta. Con lui Fahmi Mousa Saleem Ben Khalifa, libico, fuggito dal carcere nel 2011 dove stava scontando 15 anni per traffico di droga, recentemente arrestato in Libia per contrabbando di carburanti. Ci sono poi i maltesi Darren Debono e Gordon Debono, che aiutavano Romeo nel trasporto. Il libico Tareq Dardar si occupava dei pagamenti e veicolava i soldi su conti esteri a nome di Khalifa.
L'architettura della frode - L'a.d. della Maxcom Bunker, che ha sede legale a Roma, si sarebbe avvalso della complicità di alcuni dipendenti della stessa, Rosanna La Duca, Stefano Cevasco e Antonio Baffo. L'obiettivo dell'associazione criminale era di acquisire la disponibilità di un flusso continuo di gasolio libico a un prezzo ribassato rispetto alle quotazioni ufficiali (fino al 60%) garantendo alla società italiana acquirente un margine di profitto costante ed elevato. La frode è stata realizzata mediante falsa documentazione attestante inizialmente l'origine saudita del gasolio libico e poi la cessione del carburante da una delle società sussidiarie della National Oil Corporation, la compagnia libica.