Secondo i giudici, "a determinate condizioni può configurarsi anche la violazione della legge Mancino". Cosa prevede l'articolo 5 della legge Scelba
© ansa
Per il saluto romano va contestata la legge Scelba sull'apologia del fascismo, e in particolare l'articolo 5. Lo ha deciso la Cassazione, che ha disposto un processo di appello bis per otto militanti di estrema destra che avevano compiuto il saluto nel corso di una commemorazione a Milano nel 2016. I giudici, inoltre, ritengono che "a determinate condizioni può configurarsi anche la violazione della legge Mancino".
© Tgcom24
Prima della pronuncia della Suprema Corte, il procuratore generale Pietro Gaeta aveva sostenuto che il saluto fascista rientra nel perimetro punitivo della legge Mancino "quando realizza un pericolo concreto per l'ordine pubblico".
Il rappresentante della procura generale della Suprema Corte ha sottolineato che il caso di Acca Larentia "con 5mila persone è una cosa diversa rispetto a quattro nostalgici che si vedono davanti a una lapide di un cimitero di provincia e uno di loro alza il braccio. Bisogna distinguere la finalità commemorativa con il potenziale pericolo per l'ordine pubblico".
Nelle informazioni provvisorie la Suprema Corte afferma che la "chiamata del presente" o "saluto romano" è "un rituale evocativo della gestualità propria del disciolto partito fascista. Esso integra il delitto previsto dall'articolo 5 delle Scelba, ove, avuto riguardo a tutte le circostanze del caso, sia idonea a integrare il concreto pericolo di riorganizzazione del disciolto partito fascista" I giudici, inoltre, ritengono che "a determinate condizioni può configurarsi" anche la violazione della legge Mancino' che vieta "manifestazioni esteriori proprie o usuali di organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi che hanno tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. I due delitti possono concorrere sia materialmente che formalmente in presenza dei presupposti di legge".
Con l'ultima sentenza, le Sezioni unite della Cassazione hanno così annullato la condanna nei confronti di otto persone che avevano fatto il saluto romano durante un corteo commemorativo di estrema destra a Milano nel 2016, disponendo un nuovo processo di appello. I militanti celebravano la memoria del membro del Fronte della Gioventù Sergio Ramelli, ucciso nel 1975. Gli imputati erano stati assolti per l'assenza dell'elemento soggettivo e poi condannati in secondo grado, nel 2020, in riferimento alla legge Mancino del 1993 che punisce le manifestazioni pubbliche di ideologie discriminatorie.
"Chiunque, partecipando a pubbliche riunioni, compie manifestazioni usuali del disciolto partito fascista ovvero di organizzazioni naziste è punito con la pena della reclusione sino a tre anni e con la multa da duecentomila a cinquecentomila lire. Il giudice, nel pronunciare la condanna, può disporre la privazione dei diritti previsti nell'articolo 28, comma secondo, numeri 1 e 2, del codice penale per un periodo di cinque anni". È quanto prevede l'articolo 5 della legge 20 giugno 1952, n. 645, citato dalla Cassazione in relazione al saluto romano.
Sulla vicenda è intervenuto anche il presidente del Senato, Ignazio La Russa. Fonti vicine all'esponente di Fratelli d'Italia affermano che La Russa "attendeva con interesse di conoscere l'esito della imminente decisione a sezione riunite della Cassazione" perché riteneva "occorresse chiarezza". Non si è però espresso, ma si è limitato a far sapere che la decisione della Cassazione "si commenta da sola".
"Continueremo a fare il saluto romano", ha commentato il portavoce di CasaPound, Luca Marsella. "Come già ribadito, continueremo anche a organizzare commemorazioni ad Acca Larentia".