L'uomo inviò ai suoi familiari la foto della sorella che baciava il fidanzato: "Ho fatto una cosa sbagliatissima, ma da quando sono in comunità tutto è cambiato"
Il fratello di Saman Abbas, Ali Haider, ha detto nella sua testimonianza davanti ai magistrati di essere "cresciuto come la mia famiglia, ma adesso mi sento italiano". Rispondendo alla domanda sul motivo per cui inviò ai suoi familiari la foto della sorella che baciava il fidanzato, ha spiegato: "Da piccolo i miei genitori mi hanno insegnato che non si poteva fare amicizia con le ragazze, era vietato, e per questo ho mandato la foto del bacio di Saman ai miei parenti. In quel momento avevo la loro stessa mentalità, per me era una cosa sbagliata. Ma ora tutto è cambiato, da quando sono in comunità. Mi sento di essere italiano. Per come penso ora, hanno fatto una cosa sbagliatissima".
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"Se ho tentato di scappare dalla comunità? Sì, un pakistano mi ha aiutato a scappare, con le lenzuola e hanno fatto scappare anche altra gente. Io volevo scappare perché mi ha detto mio zio che dovevamo andare via, in Francia", ha dichiarato Ali Haider. L'uomo ha risposto alle domande di Liborio Cataliotti, avvocato difensore dello zio Danish Hasnain, imputato per l'omicidio della ragazza insieme al padre, a due cugini e alla madre, che risulta ancora latitante in Pakistan. Il giovane, dopo essere stato a Imperia, nella primavera del 2021, era stato trasferito nella comunità per Lucinasco. "Io sentivo sia mio padre, sia mia madre che zio Danish". Per l'omicidio della ragazza, che si era opposta a un matrimonio forzato, sono attualmente imputati il padre, lo zio, due cugini e la madre, ancora latitante in Pakistan.
Il racconto di Ali Haider prosegue con un ricordo d'infanzia. "Sono cresciuto in quella cultura: da piccolo mi hanno insegnato che questo non si può fare, da piccolo non potevo manco fare amicizia con le ragazze perché è una cosa vietata, però quello è ciò che mi hanno insegnato i miei genitori. Vedevo quelle robe la' e per questo ho mandato ai parenti quella cosa del bacio, per la stessa questione, perché era mia sorella e non volevo che tutto il mondo lo vedesse".
Nella testimonianza del fratello di Saman ritornano ancora i riferimenti ai due parenti, non imputati, che nelle intercettazioni lui stesso definisce "il cane e il cane coi baffi". Si tratta di due parenti di origini pakistane, Irfan e Fakhar, che frequentavano la casa di Abbas a Novellara e venivano a dare "consigli brutti" su Saman, ha ribadito il fratello, come già detto nella scorsa udienza "Per me quei parenti sono più colpevoli di Noman e Ikram, che hanno fatto questa cosa per rispetto, hanno aiutato lo zio", ha aggiunto in un altro passaggio il giovane, replicando alle domande dell'avvocato Liborio Cataliotti, difensore dello zio Danish Hasnain e riferendosi a Noman e Ikram a Nomanhulaq Nomanhulaq e Ikram Ijaz, i cugini imputati. Avevi motivi di rabbia verso Irfan e Fakhar? "Con Irfan sì, perché quando veniva a casa nostra guardava male mia sorella, la guardava con cattive intenzioni".
"Io ero in comunità, a Parma, quando mi hanno chiamato", ha proseguito Ali Haider. "Perché quando è successa questa roba di mia sorella, tutta la mia famiglia è tornata in Pakistan e mi ha lasciato qui in Italia. E, nonostante tutto quello che è successo, mio padre ha avuto le energie di bere. Anche in Pakistan lui beveva". In precedenza il giovane aveva dichiarato di aver assistito a tutta la scena dell'uccisione della sorella. "Ho visto tutta la scena. Io ero alla porta. Mia sorella camminava, mio zio l'ha presa dal collo e l'ha portata dietro alla serra. Ho visto i cugini, solo la faccia", ha raccontato in Corte di Assise.
Ali Haider ha preso parola in aula, rispondendo al difensore del cugino imputato Nomanhulaq Nomanhulaq, dopo la decisione dell'ordinanza della Corte di assise reggiana che aveva dichiarato inutilizzabili le sue dichiarazioni fornite in precedenza, tra maggio e giugno 2021. Secondo i giudici, infatti, il fratello di Saman doveva essere iscritto nel registro degli indagati. Tra gli imputati figurano cinque familiari della ragazza scomparsa: i genitori, con la madre latitante, lo zio e due cugini. Il fratello di Saman, che attualmente non risulta indagato, è stato fatto entrare prima dell'ingresso dei parenti e viene sentito dietro a un doppio paravento.
Saman Abbas era residente a Novellara, in provincia di Reggio Emilia, da dove è stata vista l'ultima volta e scomparsa nella primavera del 2021 dopo aver rifiutato un matrimonio forzato. I suoi resti sono stati ritrovati nell'inverno del medesimo anno. Secondo la relazione dei periti, la 18enne sarebbe morta per strangolamento e asfissia.
Nel novembre 2022 è stato recuperato a Novellara il corpo che si presume sia di Saman Abbas. La salma, rinvenuta all'interno di un capannone abbandonato, a poche centinaia di metri dalla casa dove viveva la famiglia della 18enne, era interrata a circa tre metri sotto uno strato di detriti e macerie. A gennaio 2023 arriva la conferma: il corpo ritrovato era proprio quello di Saman, identificato per via di un'anomalia dentaria. La frattura dell'osso ioide, nella parte anteriore del collo, ha avvalorato l'ipotesi di strangolamento, come aveva riferito anche il fratello della vittima durante l'incidente probatorio.
A marzo lo zio di Saman Abbas, Danish Hasnain, aveva ribadito di non essere stato lui ad assassinare la nipote e, anzi, ha sostenuto che i parenti volevano uccidere anche lui. Interrogato su sua richiesta il 10 marzo, il 32enne ha raccontato che secondo lui quella sera è stato convocato "perché volevano uccidermi per il mio buon rapporto con Saman, io ero d'accordo sulla sua relazione con Saqib. Poi non so perché non mi hanno ucciso. A pensarci bene la buca era troppo grande per una sola persona e gli altri mi hanno incastrato perché sapevano che avrei parlato".