L'uomo, un 38enne libanese sposato e con due figli, non lavorava ma percepiva assieme alla sua famiglia un sussidio a causa della sua condizione di indigenza
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Stava progettando un attacco con veleno per topi il terrorista arrestato a Macomer, in Sardegna, in un blitz della polizia. Si chiama Amin Alhaj Ahmad ed è accusato di associazione con finalità di terrorismo internazionale per la sua appartenenza all'Isis. Per diverso tempo gli investigatori hanno pedinato e monitorato i movimenti dell'uomo, che aveva un permesso di soggiorno e un documento palestinese.
Secondo gli inquirenti il "lupo solitario" dell'Isis, 38 anni libanese di origine palestinese, intendeva avvelenare con un topicida una condotta idrica potabile. A bloccarlo alle prime luci del giorno, mentre usciva di casa, sono stati gli agenti della Digos di Nuoro e Cagliari, che lo hanno atteso fuori dalla sua abitazione e lo hanno immobilizzato appena salito sul suo furgone.
Paura tra i passanti - Prima di dare il via all'operazione, a cui hanno partecipato anche unità cinofile, la polizia ha bloccato l'intera zona per evitare che qualcuno potesse rimanere coinvolto nel blitz e che il presunto terrorista potesse fuggire. Durante il dispiegamento di uomini e mezzi, nel centro della cittadina si è diffusa la paura tra la gente. Nella località vive un numeroso gruppo di extracomunitari, alcuni dei quali si sono integrati nella vita del paese e hanno figli nelle scuole cittadine. Diversi sono venditori ambulanti, proprietari di furgoni che restano sempre parcheggiati nella zona.
Il 38enne non lavorava ma percepiva assieme alla sua famiglia un sussidio a causa della sua condizione di indigenza. La moglie, una donna marocchina, e i suoi due figli erano all'oscuro degli obiettivi criminali dell'uomo.
Le indagini sono scattate a settembre, quando le autorità libanesi hanno informato quelle italiane dell'arresto del cugino del 38enne, che stava pianificando l'avvelenamento dell'acqua della cisterna di una caserma militare nel Paese mediorentale. Quest'ultimo aveva poi confessato di essere stato supportato dal cugino che viveva a Macomer. Dalle analisi del cellulare del 38enne è emerso che la scorsa estate l'uomo aveva formattato il cellulare, probabilmente per "ripulirlo" da eventuali dati compromettenti.