Una nuova scoperta scientifica potrebbe aiutare l'uomo a "mettere in pausa" le malattie ora incurabili. Alcuni vermi sono sopravvissuti per 46mila anni addormentati nei ghiacci siberiani
Se si taglia in due un lombrico, non otterremo mai due lombrichi: solo la parte con la bocca sopravvive, facendosi ricrescere una nuova coda © dal-web
Gli umani potrebbero "mettere in pausa" le malattie ora considerate incurabili. Non è ancora chiaro come e per quanto tempo, ma alcuni vermi sono in grado di sospendere sine die il proprio metabolismo per adattarsi in ambienti in cui la vita è considerata impossibile. Anche per millenni. Questa scoperta potrebbe regalare speranze a chi, per esempio, ha una patologia terminale in attesa che venga sviluppata una cura valida.
46mila anni fa c'erano ancora i mammut e l'uomo di Neanderthal stava lasciando il passo all'homo sapiens. Creava gli abiti con le pelli degli animali, seppelliva i morti, imparava a cacciare in modo più evoluto.
Da allora il progresso comincia a galoppare ma loro, i "vermicelli", rimangono sempre lì. Quasi fossero morti. Ma ora che gli scienziati li hanno scongelati, si muovono. Un po' disidratati ma ancora vivi.
"Abbiamo bisogno di sapere come si sono adattati agli ambienti estremi attraverso l'evoluzione. Forse così potremo aiutare le specie viventi oggi e anche gli esseri umani", ha affermato Philipp Schiffer, uno degli scienziati che ha studiato i vermi.
Il segreto della loro "immortalità" lo svela il Dna: un letargo chiamato criptobiosi, presente anche nei organismi più studiati dai genetisti nel quale entrano alcuni fattori semplici che, in risposta a condizioni ambientali avverse, bloccano tutti i processi metabolici.
Dal tardo Pleistocene non si sono mai scongelati. Durante gli esperimenti effettuati in laboratorio, i ricercatori guidati da Anastasia Shatilovich hanno scoperto che, quando sottoposti a leggera disidratazione, sia la specie ben nota (Caenorhabditis elegans), sia quella nuova (Panagrolaimus kolymaensis), aumentano la produzione di uno zucchero chiamato trealosio. Probabilmente è questo elemento che li aiuta a sopravvivere a essiccazione e congelamento.
La scoperta è stata fatta dall'Accademia delle Scienze russa e pubblicata sulla rivista Plos Genetics. Questo ritrovamento estende di decine di migliaia di anni la criptobiosi più lunga mai segnalata. I piccoli vermi addormentati erano già stati estratti nel 2018, ma questo studio ha permesso anche di datare il ghiaccio nel quale si trovavano a circa 40 metri sotto la superficie del suolo: tra 45.839 e 47.769 anni fa.
Gli autori dello studio hanno anche testato le capacità di sopravvivenza delle due specie, scoprendo che la disidratazione prima del congelamento aiuta questi vermi a prepararsi alla criptobiosi, migliorando la loro possibilità di sopravvivere anche a temperature di -80 gradi. Per esempio, quando le larve di Caenorhabditis elegans sono state sottoposte a questo trattamento, sono sopravvissute per 480 giorni a -80 gradi senza incontrare problemi al loro risveglio.
Gli scienziati sanno da tempo che alcune creature microscopiche sono in grado di mettere in pausa la vita per sopravvivere in ambienti difficili. Finora, però, nessun animale era stato in grado di vivere così a lungo. Nel 2021, i ricercatori hanno annunciato di aver resuscitato antichi animali multicellulari dopo 24 mila anni nel permafrost siberiano. Il precedente record di rianimazione per un nematode è stato stabilito da una specie antartica che ha ricominciato a dimenarsi dopo solo poche decine di anni.