La sua poltrona aveva cominciato a traballare subito dopo la rivolta nelle carceri, scoppiata dopo lo stop dei colloqui dei detenuti con i famigliari per l'emergenza Coronavirus, e che aveva visto 13 morti tra i detenuti, un'evasione di una settantina di reclusi dal penitenziario di Foggia e danni alle strutture per 20 milioni di euro. Ma un nuovo forte scossone per la tenuta del capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (Dap) Francesco Basentini era arrivato dalla vicenda delle recentissime scarcerazioni di boss mafiosi per gravi ragioni di salute. Così dopo essere diventato il bersaglio di accuse, soprattutto per il caso dei domiciliari concessi a Pasquale Zagaria, fratello del superboss Michele, Basentini ha gettato la spugna, presentando le sue dimissioni al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede.
"Le polemiche sono strumentali e totalmente infondate ma fanno male al dipartimento", ha spiegato Basentini, annunciando la propria decisione al Guardasigilli, che lo ha ringraziato per il lavoro svolto.
Le reazioni politiche - Il passo indietro sarà formalizzatio in coincidenza con l'arrivo al Dap di Roberto Tartaglia, il pm palermitano consulente dell'Antimafia nominato appena pochi giorni fa vice capo del Dipartimento e a cui sarà affidata quasi certamente la reggenza dell'ufficio. Una nomina, quella di Tartaglia, che qualcuno aveva già letto come un "commissariamento" di Basentini. La decisione del capo del Dap viene definito "giusto e non inatteso" dal responsabile Giustizia del pd Valter Verini, che riferisce che il suo partito "da qualche giorno" aveva posto il problema delle dimissioni.
Per Italia Viva- che da tempo aveva chiesto la testa del capo del Dap - si tratta invece di un gesto necessario ma "tardivo", come sottolinea Maria Elena Boschi. Mentre dal centrodestra il leader della Lega Matteo Salvini e Fratelli d'Italia chiedono ora le dimissioni di Bonafede.
Apprezzano il gesto i sindacati di polizia penitenziaria, da tempo critici con la gestione Basentini: ci sia ora una guida all'altezza della situazione delicata, chiedono assieme a un pezzo della politica, Pd in testa. Tra i nomi che circolano per la successioni, quelli dell'ex pm di Palermo Nino Di Matteo, ora consigliere del Csm, del pm anticamorra Catello Maresca e del magistrato della Procura nazionale antimafia Marco Del Gaudio (che è stato in passato vice capo del Dap). Ma si parla anche del procuratore di Napoli Giovanni Melillo e di Elisabetta Cesqui, che è stata capo degli Ispettori e capo di gabinetto alla Giustizia, quando ministro era Andrea Orlando.