Una sentenza della Corte di Giustizia europea permette agli utenti della Rete di interpellare i motori di ricerca per la cancellazione dei link che li riguardano
La tragedia di Tiziana Cantone, suicidatasi per la vergogna dopo la diffusione sul web di un suo filmato hot, riporta in auge l'attenzione per i rischi del web a proposito di materiale scottante. La 31enne napoletana nei mesi scorsi aveva ottenuto una parziale rimozione da alcuni motori di ricerca e altri siti dei file che la riguardavano, come immagini e commenti. La richiesta accolta dal giudice non è servita per salvare la vita di Tiziana, ma come è possibile procedere in questi casi? Esiste il cosiddetto diritto all'oblio, riconosciut a livello continentale.
Il diritto all'oblio è infatti una "forma di garanzia" sancita dalla Corte di Giustizia europea, che in questo modo ha stabilito come i motori di ricerca debbano poter dare agli utenti della Rete la possibilità di veder cancellati link a dati e materiali ritenuti "inadeguati o non più rilevanti", che li riguardano. La sentenza della Corte (approvata dopo un lungo dibattito) risale al maggio 2014 e può comprendere casi di foto e video hard, cyberbullismo, ma anche riferimenti a processi e attività giudiziarie che coinvolgono o hanno coinvolto un privato.
I più famosi motori di ricerca hanno così implementato la possibilità di cancellare determinato materiale da internet. Google, per esempio, ha messo a disposizione online una pagina per chiedere questo genere di rimozione; allo scorso luglio i link già eliminati erano 580mila (dall'Italia erano giunte 897 istanze legali). Su Youtube è invece possible segnalare video, commenti, spam e abusi; la richiesta viene quindi esaminata dalla piattaforma. Su Facebook esiste la possibilità di "segnalare" un post, una foto oppure un commento. Sul motore di ricerca Yahoo si può accedere ad una pagina per evidenziare i contenuti inappropriati.
Il caso che ha dato origine alla discussione sul diritto all'oblio risale al 2009, in Spagna, dove un avvocato interpellò l'Agenzia locale di protezione dati dopo aver trovato, attraverso Google, un articolo del quotidiano La Vanguardia, datato 1998, che trattava i suoi debiti dell'epoca. Tra le parti si scatenò una causa e alla fine la Corte di giustizia concesse al legale il diritto alla rimozione dei link.
Per procedere alla cancellazione è comunque necessaria una verifica del possibile interesse pubblico di un certo materiale, in opposizione appunto al diritto alla privacy. E' proprio questo uno degli aspetti "spinosi" del diritto all'oblio, per il quale può intervenire anche il Garante della privacy.
Sulla questione è in ogni caso ancora aperto un ampio dibattito e spesso la rimozione totale del materiale non viene garantita. Una volta che qualcosa appare sul web, farlo scomparire rappresenta un iter difficoltoso. Cancellare le proprie tracce dalla sconfinata Rete non è così semplice.