Per la Procura di Cassino l'autore dell'omicidio potrebbe essere il figlio dell'allora comandante dei carabinieri. La ragazza fu assassinata nel 2001 a soli 18 anni. A processo ci sono 5 persone
"È stato Marco Mottola ad aver ucciso Serena Mollicone ". Lo ha detto ieri, nel corso della sua requisitoria, il pubblico ministero Maria Beatrice Siravo, nell'ambito del processo nei confronti di Franco, Marco, Anna Maria Mottola, di Francesco Suprano (accusato di favoreggiamento) e Vincenzo Quatrale sulla morte della 18enne di Arce: la giovane era stata uccisa ventuno anni fa nella caserma dei carabinieri. Una verità, quella sostenuta dall'accusa in udienza, celebrata davanti alla Corte d'Assise di Cassino, a cui si arriverebbe anche senza la testimonianza di Santino Tuzi (il brigadiere morto suicida nel 2008 dopo la dichiarazione choc sull'ingresso della ragazza in caserma).
LA REQUISITORIA
"I frammenti della porta dell'alloggio di servizio dove la ragazza è stata aggredita sono stati trattenuti dai capelli della vittima - ha spiegato il pm in aula - Il filtraggio dei reperti avvenuto nel 2017 presso l'Istituto di medicina legale di Milano ha consentito d'individuare importanti pezzetti di legno con composti anche di colla che, è cosa nota, non è presente all'interno di vegetali". La Procura ha poi ricostruito, in circa sei ore di discussione, gli ultimi attimi di vita della 18enne di Arce: a partire proprio da quando era stata vista davanti al bar in zona Chioppetelle, in provincia di Frosinone, a pochi chilometri dal paese d'origine della giovane. Decisiva, per l'accusa, sarebbe invece una parte della testimonianza di Carmine Belli, assolto nel primo processo sul giallo Mollicone: "Belli - ha aggiunto Siravo - ci dice che il primo giugno vede litigare Serena con un ragazzo davanti al bar località Chioppetelle, non sa confermarci se si tratta di Marco Mottola. Ma ricorda che aveva capelli dritti e mesciati". Per il pm il giovane aveva i capelli mesciati, così come descritti da Belli, perché così lo avevano descritto gli amici nelle testimonianze e così appariva in due video dei funerali della vittima. E il movente dell'omicidio sarebbe stato proprio un litigio con Marco Mottola: "Serena - questa la ricostruzione fatta al Tribunale dal pm - dopo aver eseguito l'orto panoramica a Sora salì nella Y10 bianca di Mottola per un passaggio, si fermò al bar dove fu vista litigare con lui e poi andò in piazza ad Arce. Si presentò quindi in caserma per riprendere i libri che aveva lasciato nell'auto e qui fu aggredita e sbattuta contro la porta".
L'ACCUSA: "L'ARMA È LA PORTA"
La porta contro cui Serena Mollicone aveva sbattuto la testa, le dichiarazioni del brigadiere Santino Tuzi e i depistaggi sono gli altri punti su cui si concentra la tesi dell'accusa. Il pm Siravo ha aperto la requisitoria con l'arma del delitto: la porta contro la quale sarebbe stata spinta da Mottola. "La porta è prova rappresentativa. È l'arma del delitto oltre ogni ragionevole dubbio. Le consulenze tecniche sono il cuore di questo processo. Poi ha argomentato: «Il cranio di Serena può aver creato quel buco sulla porta? La Cattaneo ha risposto: assolutamente sì. La testa s' incastra perfettamente con il segno di rottura della porta". L'ex maresciallo avrebbe coperto il figlio con i depistaggi. "Questo è l'unico caso mondiale - ha detto il pm - in cui l'assassino indaga su se stesso, avendo ampia mano per agire". Le richieste di pena sono attese all'udienza di lunedì prossimo.