ambulanza della morte

"Ambulanza della morte" a Catania, uccide tre anziani malati per ottenere i funerali dalle famiglie

Arrestato un barelliere: iniettava aria nel sangue. Le indagini, partite dalle dichiarazioni di un "pentito", riguardano oltre 50 casi. Nell'inchiesta sono coinvolti anche altri due barellieri

21 Dic 2017 - 13:12
 © ansa

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Per potere offrire ai familiari i servizi a pagamento di onoranze funebri avrebbe ucciso tre persone anziane e malate. E' l'accusa contestata a Davide Garofalo, barelliere di 42 anni, arrestato dai carabinieri di Paternò per omicidio volontario, nell'inchiesta "Ambulanza della morte". Ai malati terminali veniva iniettata aria in vena, e poi i corpi venivano venduti per 300 euro ad agenzie funebri. Sono oltre 50 i casi su cui indaga la Procura di Catania.

Nell'inchiesta sono coinvolti anche altri due barellieri, indagati per altri episodi simili e ai quali sono contestati gli stessi reati avvenuti su altre ambulanze. La Procura non ha però voluto precisare la loro attuale posizione.

Garofalo è ritenuto vicino al clan Mazzaglia-Toscano-Tomasello. I tre delitti che gli sono stati contestati sono stati compiuti dal 2014 al 2016: le vittime sono una donna e un uomo molto anziani e un 55enne deceduto nel 2015.

I decessi al vaglio degli inquirenti sono avvenuti tra il 2012 e il 2016: secondo i carabinieri, una decina ha "una maggiore pregnanza". A far scattare le indagini erano state le rivelazioni di un collaboratore di giustizia.

Il decesso avveniva durante il trasporto dall'ospedale di Biancavilla a casa dei pazienti, dimessi perché in fin di vita. I casi sarebbero iniziati nel 2012, all'insaputa dell'ospedale e dei medici. Le prime rivelazioni il "pentito" le aveva fatte in un'intervista a Le Iene e poi si era recato in Procura per riferire dei fatti a sua conoscenza. I carabinieri della compagnia di Paternò, su delega dei magistrati della Dda etnea, hanno acquisito cartelle cliniche nell'ospedale.

"La gente non moriva per mano di Dio", spiegò allora il collaboratore, ma per "guadagnare 300 euro, invece di 30 o 50". Secondo la sua ricostruzione, il malato terminale tornava a casa "siccome era in agonia e sarebbe deceduto lo stesso, gli iniettavano dell'aria con l'agocannula nel sangue, e il malato moriva per embolia", così i familiari non se ne accorgevano.

Approfittando del momento di grande dolore proponevano l'intervento di un'agenzia di onoranze funebri che, sottolinea il testimone, "poi gli facevano un regalino", i 300 euro a salma appunto. Il pentito sostiene che "erano i boss a mettere gli uomini sull'ambulanza" e che i "soldi andavano all'organizzazione".

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