"Mi sembrava di avere mio padre davanti", commenta a Tgcom24, guardando lo scatto che la ritrae di fronte all'uniforme indossata dall'ispettore di polizia morto il 2 febbraio 2007, negli scontri di Catania-Palermo
di Gabriella PersianiSembrano attimi lunghi una vita quelli che restano sospesi tra Fabiana Raciti, la figlia di Filippo, l'ispettore capo della polizia ucciso durante gli scontri alla fine del derby Catania-Palermo del 2 febbraio 2007, e quel manichino che indossa la divisa che il padre vestiva proprio quella tragica notte. Tra le mani, Fabiana, immobile davanti alla teca, stringe la sua tesi di laurea, che andrà a deporre accanto alla giubba. Sono attimi, lunghi una vita, di una commozione infinita, immortalati da una foto. "Riporre quelle poche pagine accanto alla sua uniforme è stata una delle emozioni più forti della mia vita", dirà poi Fabiana condividendo quel gesto così intimo e privato su Facebook. "Avevo un nodo alla gola, mi sembrava di avere mio padre di fronte", aggiunge poi a Tgcom24.
Ha realizzato una tesi di diritto internazionale e di diritto penale partendo da una vicenda personale che ha cambiato la sua vita. Quanta fatica le è costata?
"Alla morte di mio padre, a 15 anni, promisi a me stessa che avrei contribuito a cambiare le cose e, lavorando a una tesi che sottolinea l'importanza delle nostre forze dell'ordine sia nella vita di tutti i giorni che, in occasione di Grandi Eventi Sportivi, Politici e Religiosi, anche e soprattutto di carattere internazionale, ho compiuto un passo importante. Sono stati due anni di studio e ricerca molto duri; per la prima volta ho letto le sentenze sull'omicidio di mio padre; non avevo avuto la forza di farlo prima. E il compimento di questo percorso che mi ha portato a laurerarmi in Giurisprudenza è stata la cerimonia privata durante la quale ho donato una copia alla mia seconda famiglia, il X Reparto Mobile della polizia di Stato di Catania".
Perché ha voluto rendere pubblico con il suo post su Facebook quei momenti?
"Ho sempre avuto l'idea di donare la mia tesi al X Reparto Mobile di Catania: è una seconda famiglia per me e lo è stata anche per mio padre. Per la sua morte non abbiamo sofferto solo noi parenti, ma anche tutti i suoi colleghi. Anche loro patiscono la pesantezza di questo mestiere. La piena disponibilità del comandante mi ha, poi, riempito di gioia. Non mi aspettavo di poter mettere la mia tesi accanto alla divisa che mio padre indossò per l'ultima volta e che da alcuni anni è lì esposta. Così, alla fine di tutto, mi è sembrato doveroso che le emozioni provate nell'Aula Magna intitolata a mio padre, arrivassero anche fuori da quelle mura dove c'è l'esposizione permanente delle uniformi storiche della polizia".
A quali conclusioni è giunta con la sua tesi "Sicurezza ed Eventi Sportivi: dal Trattato n. 218 del Consiglio d’Europa al Caso Raciti"?
"La notte della morte di mio padre, quel 2 febbraio 2007, rappresenta l'anno zero per l'ordine pubblico nei grandi eventi. Da quella tragica vicenda a oggi l'ordinamento italiano è stato migliorato in tanti aspetti; molte lacune presenti allora nella normativa sono state colmate; tante le novità in materia, dalla scuola di formazione al daspo. Sono partita dalla normativa internazionale per arrivare a quella italiana e ho mosso anche una critica all'Italia, perché le manca ancora un passaggio decisivo: dal 2016 Roma non ha ancora ratificato il Trattato del Consiglio d'Europa sull'ordine pubblico nei grandi eventi. La Convenzione, infatti, per ora solo sottoscritta dal nostro Paese, mira a promuovere l'accoglienza e la sicurezza degli spettatori dentro e fuori gli stadi, migliorare il dialogo tra polizia, autorità locali, club calcistici e tifosi, rafforzare la cooperazione internazionale tra forze di polizia, nonché prevenire e punire atti di teppismo sportivo mediante l'applicazione di misure efficaci".
Il suo futuro sarà in divisa?
"Entrare in polizia è il sogno che ho fin da quando ero bambina. Ma al momento resta nel cassetto, perché vorrei dedicarmi agli studi per intraprendere la carriera diplomatica. Ma, mai dire mai".