La Santa Sede ha riconosciuto il martirio del magistrato "in odium fidei", cioè "in odio alla fede"
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La beatificazione del giudice Rosario Angelo Livatino si terrà domenica 9 maggio nella Cattedrale di Agrigento. Lo hanno reso noto l'arcivescovo Francesco Montenegro e l'arcivescovo coadiutore, monsignor Alessandro Damiano. All'annuncio, nella sala "Giovanni Paolo II" del Palazzo Arcivescovile, hanno partecipato i rappresentanti delle autorità civili, ecclesiali e della magistratura provinciale nonché dei comuni di Canicattì e Agrigento.
Livatino fu assassinato sulla strada che conduce da Canicattì ad Agrigento il 21 settembre 1990, all'età di 37 anni, dai mafiosi della Stidda. Di Livatino, nato a Canicattì il 3 ottobre 1952, la Santa Sede ha riconosciuto il martirio "in odium fidei" (in odio alla fede): è' questo il contenuto di un decreto della Congregazione per le Cause dei santi, di cui papa Francesco autorizzò la promulgazione nel corso di un'udienza col cardinale prefetto Marcello Semeraro.
La prova del martirio "in odium fidei" del giovane giudice siciliano, secondo fonti vicine alla causa, è arrivata anche grazie alle dichiarazioni rese da uno dei quattro mandanti dell'omicidio, che ha testimoniato durante la seconda fase del processo di beatificazione (aperta il 21 settembre 2011 e portata avanti come postulatore dall'arcivescovo di Catanzaro, monsignor Vincenzo Bertolone, Agrigentino), e grazie alle quali è emerso che chi ordinò quel delitto conosceva quanto Livatino fosse retto, giusto e attaccato alla fede e che per questo motivo, non poteva essere un interlocutore della criminalità: andava ucciso.
Dopo la sua morte, nel 1993, Giovanni Paolo II, incontrando ad Agrigento i genitori del magistrato, aveva definito Livatino "un martire della giustizia e indirettamente della fede". Anche Papa Francesco, che ha molto sostenuto la causa di beatificazione, ha lodato la figura del giudice: incontrando nel novembre del 2019 i membri del "Centro Studi Rosario Livatino", lo ha definito "un esempio non soltanto per i magistrati, ma per tutti coloro che operano nel campo del diritto: per la coerenza tra sua fede e il suo impegno di lavoro, e per l'attualità delle sue riflessioni".