"Non era un giudice e non era un eroe, ma anche lui fu ucciso dalla mafia nel 1992. Eppure, per mio fratello Paolo Borsellino, 31enne piccolo imprenditore del calcestruzzo di Lucca Sicula (Agrigento), non c'è stato neanche il processo, tutto cancellato dal successivo imponente attentato di via D'Amelio. Così da 30 anni continuo a chiedere giustizia per lui e anche per mio padre Giuseppe, classe 1938, ucciso 8 mesi dopo, per aver fatto nomi e cognomi di sicari e mandanti". Non si arrende Antonella Borsellino, referente dell'associazione anti-mafia Libera per l'Agrigentino, che ha conosciuto da vicino la ferocia di Cosa Nostra. Tutto ha inizio il 21 aprile 1992 quando il corpo del fratello Paolo fu ritrovato in un'auto, a 100 metri da casa, con un colpo di pistola al cuore. Poi il 17 dicembre, sempre del 1992, l'ultimo crudele atto: di pomeriggio, al centro della piazza del paese, l'esecuzione del padre Giuseppe, messo a tacere per sempre. "Sono vittima anche dello Stato, non solo della mafia, - confessa a Tgcom24 per la Giornata della legalità nel trentennale di un'altra strage, quella di Capaci, che uccise il giudice Giovanni Falcone, - ma giro le scuole d'Italia invitando alla fiducia nelle istituzioni".