Gli arrestati sono accusati di associazione mafiosa, estorsione, favoreggiamento e fittizia intestazione di beni, tutti aggravati da modalità mafiose
© carabinieri
Maxi operazione dei carabinieri di Trapani, con all'opera oltre 100 uomini dell'Arma, che ha portato in manette di 12 persone. Gli arrestati sono accusati di associazione mafiosa, estorsione, favoreggiamento e fittizia intestazione di beni, tutti aggravati da modalità mafiose. L'operazione nasce da un'inchiesta avviata nel 2014 su esponenti delle famiglie di Vita e Salemi, ritenuti favoreggiatori del capomafia latitante Matteo Messina Denaro.
Le indagini, coordinate dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi e dall'aggiunto Paolo Guido, hanno consentito di individuare i capi dei due clan e di scoprire gregari ed estorsori delle cosche.
Gli arrestati, servendosi anche di professionisti nel settore di consulenze agricole e immobiliari, sarebbero riusciti attraverso società di fatto riconducibili all'organizzazione mafiosa ma fittiziamente intestate a terzi, a realizzare notevoli investimenti in colture innovative per la produzione di legname e in attività di ristorazione.
Soldi del clan per latitanza Messina Denaro - Parte del denaro derivante dagli investimenti delle cosche di Vita e Salemi sarebbe stata destinata al mantenimento del boss latitante Matteo Messina Denaro ricercato dal 1993. I carabinieri, nel corso dell'operazione, hanno sequestrato tre complessi aziendali, comprensivi degli immobili e dei macchinari, ritenuti strumento per il business dell'organizzazione criminale.
In manette anche il "re dell'eolico" - Tra le persone finite in manette anche Vito Nicastri, imprenditore trapanese soprannominato il "re dell'eolico", il "signore del vento", perché tra i primi in Sicilia a puntare sulle energie pulite. Quello di Nicastri non è un nome nuovo per i carabinieri e il personale della Dia che hanno condotto l'ultima inchiesta sui presunti favoreggiatori del padrino di Castelvetrano: i suoi legami col boss gli sono costati sequestri per centinaia di milioni di euro. Di lui, tra gli altri, ha parlato il pentito Lorenzo Cimarosa, nel frattempo morto, indicandolo come uno dei finanziatori della ormai più che ventennale latitanza di Messina Denaro. Il collaboratore di giustizia ha raccontato di una borsa piena di soldi che Nicastri avrebbe fatto avere al capomafia attraverso un altro uomo d'onore, Michele Gucciardi.